Tra le tensioni la rosa d’Italia porta sorrisi
●Israele è sotto assedio, però non sembra: nell’aria c’è un ottimismo che contagia tutti
La Città Vecchia è intasata di turisti, i poliziotti ti scrutano negli accessi chiave ai luoghi santi, spesso con scarso interesse. I caffè di King George, la via principale del centro, sono affollati. Sulla spianata poco sopra il Muro del Pianto, un gruppo di ragazzi canta l’Hatikvah, l’inno nazionale, e applaude. È un giorno qualunque di Gerusalemme. Sorridono tutti. Sembra che ci sia nell’aria un ottimismo virale: voglia di vivere e di fare. «Una normale normalità», suggerisce una studentessa con i capelli ricci e biondi. Ciò che coglie di sorpresa chi viene da fuori: la normalità, appunto.
NEGAZIONISMO Come se l’ultima scaramuccia fra palestinesi e israeliani, fortunatamente soltanto verbale, fosse roba esclusivamente da titoli sui giornali. Stavolta il moderato Abu Mazen, da Ramallah, l’ha detta grossa: «L’Olocausto gli ebrei se lo sono cercati». Non è la prima volta che scivola in una sorta di negazionismo, lui che si vanta di aver discusso una tesi all’università in Russia sulla storia di quei tempi. Il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, gli ha risposto per le rime: «Una volta negazionista, negazionista per sempre». Da marzo, il confine con la Striscia (di Gaza) è una polveriera, con un bilancio di 40 morti e 5mila feriti. La minaccia nucleare dell’Iran non si dissolve, soprattutto adesso, dopo che Netanyahu si è presentato in tv con 55 mila pagine soffiate dal Mossad a Teheran in cui, pare, ci siano le prove dell’esistenza di 5 ordigni atomici potenti almeno come quella che colpì Hiroshima. E il 14 maggio, giorno del 70° compleanno d’Israele, gli Usa potrebbero trasferire l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, giusto per arroventare ulteriormente gli animi.
OPPORTUNITÀ Israele è un Paese assediato, ma non sembra. Oggi la Città Santa si coccolerà il Giro, che diventa un’arma strategica. Quando al Governo hanno capito l’impatto e l’importanza della corsa, non si sono lasciati sfuggire l’occasione. Per tre giorni sarà il modo di portare nelle case di quasi un miliardo di persone nel mondo un’immagine diversa di Israele: un veicolo di marketing pazzesco. Il filantropo ebreo canadese, Sylvan Adams, che sponsorizza la squadra della Israel Cycling Academy e ha contribuito di tasca propria a portare qua il Giro, dice che lo ha fatto per il bene del suo nuovo Paese: «Quando uno dei nostri ragazzi andrà in fuga, i telecronisti in un’ora pronunceranno cento volte il nome di Israele. Sarà uno spot stupendo per questa Nazione: libera, aperta, sicura e democratica». Può sembrare strano, ma Israele non fa propaganda. Questa sarà l’eccezione. Netanyahu è salito su una bici in una pubblicità che ha fatto il giro del mondo. E nonostante l’inasprirsi di una situazione già calda, oggi sarà alla partenza della cronometro. Mentre alla conferenza stampa dell’altro ieri sono venuti a parlare addirittura cinque ministri. Come se le tre tappe fossero opportunità imperdibili per lanciare un messaggio di pace.
«UNA VOLTA NEGAZIONISTA, NEGAZIONISTA PER SEMPRE»
BENJAMIN NETANYAHU PRIMO MINISTRO ISRAELIANO