La Gazzetta dello Sport

Effetto Juventus Higuain e Dybala vedono il Mondiale

● Il nuovo allenatore dei bianconeri «Spero Perisic non si scateni, ma io a San Siro con l’Inter ho perso di rado Ancelotti e Lippi il top, Zidane speciale»

- Francesco Velluzzi

● Il c.t. dell’Argentina Sampaoli a Torino: convocazio­ne più vicina

Igor Tudor ti fa quasi tenerezza quando candidamen­te ti dice: «Da quando alleno, ogni esperienza che vivo la faccio da solo. E vivo molto male. Mia moglie e i miei tre figli stanno a Spalato, vanno a scuola, hanno 11, 9 anni e 13 mesi. È la cosa più dura». Ma lui ha scelto il calcio. Vive per il calcio. E fare l’allenatore è quasi una rivincita su una carriera finita troppo presto: «Ho smesso a 30 anni, ma le caviglie mi davano troppi problemi e non potevo giocare con le infiltrazi­oni». Ti aspetti un gigante di 193 centimetri che quando giocava nella Juve ringhiava eccome, uno con la faccia da duro che ha già guidato squadre nella sua Spalato, in Grecia, in Turchia. Trovi un uomo pacato, riflessivo, molto gentile. Che si gioca una grande chance: allenare in Italia, in Serie A, all’Udinese che deve per forza salvare. «La Serie A ha ancora il suo fascino, enorme. Se vieni ad allenare qui, puoi allenare ovunque. E non siete messi così male, la Roma è arrivata a un passo dalla finale di Champions».

Lei, invece, come è arrivato a Udine?

«È successo tutto molto in fretta. In un giorno. Il mio agente Anthony Seric mi ha chiamato e sono venuto a fare una chiacchier­ata con i Pozzo. Bisognereb­be chiedere a loro perché hanno scelto me, ma penso perché sono bravo».

E pure sfortunato: a dicembre è finita la sua avventura al Galatasara­y... Quasi senza un perché.

«Ho fatto 14 partite. Dopo l’esperienza precedente al Karabükspo­r. Per 12 gare sono stato primo, per 2 secondo a un punto dalla prima. Hanno deciso di far tornare Terim. Non ci sono tante spiegazion­i, lì va così».

Perché ha scelto di allenare?

«Dopo aver smesso, mi mancava l’adrenalina, sono andato dai dirigenti dell’Hajduk Spalato. Mi hanno offerto l’Under 16, ho provato e ho capito che mi piaceva. Ho fatto anche da assistente a Reja in prima squadra. E ho fatto tutti i corsi».

La sua idea di gioco?

«Da ex difensore, dico che cerco di attaccare, di essere propositiv­o. La differenza oggi la fa avere un’idea e cercare di trasmetter­la a chi alleni. Sono contrario al lancio lungo del centrale, tendo a giocarla».

Ha imparato più da Lippi o da Ancelotti?

«A Lippi devo tantissimo. Mi ha fatto fare tre ruoli, difensore, terzino e centrocamp­ista. Io nasco in mezzo. Lui e Ancelotti sono super umanamente».

Che esperienza è stata in Grecia al Paok Salonicco?

«Ho avuto il presidente russo Ivan Savvidis, quello che è entrato in campo con la pistola. Comunque non ho avuto tanti problemi, lui voleva rompere l’egemonia dell’Olympiacos, era impossibil­e per vari motivi. Tornerò quest’estate al matrimonio dell’addetto stampa».

La Turchia?

«Bellissima. Hanno fatto investimen­ti importanti, costruito una decina di stadi nuovi».

Parliamo della sua Croazia che ha attraversa­to l’era Suker, l’era Boban e ora quella dei Modric, Mandzukic, Perisic, Brozovic. Come la vede al Mondiale?

«Per me è una delle prime cinque, ma tutto dipende dall’allenatore, è lui che fa la differenza».

I ragazzi che allena ora all’Udinese, Balic e Perica, hanno qualche possibilit­à?

«Difficile. Ma Balic è un ragazzo che può crescere, ha talento, personalit­à, è un 1997 che sta giocando in A, non è poco».

Domenica con l’Inter è una bella sfida di croati...

«L’Inter è forte, ha un grande allenatore come Spalletti che ha molto migliorato Brozovic. Perisic spero non si scateni contro di noi. Rispettiam­o l’Inter, ma proviamo a giocarcela. La motivazion­e viene da sola. E io quando entravo a San Siro pensavo sempre che fosse il top. Ci perdevo raramente con loro».

Che ricordi ha della Juve, sente ancora qualcuno e perché ha scelto Iuliano come vice?

«Siamo rimasti in contatto, come con Montero. Difficile non volergli bene e poi serviva uno che parla italiano. Non potevo portarmi per poche partite lo staff croato. Alla Juve ho segnato il gol più importante della carriera al Deportivo (2003, che qualificò la Juve ai quarti, ndr) e sono diventato uomo. E il segreto era uno solo: le persone giuste al posto giusto».

Lei, in un’intervista ha parlato bene di Luciano Moggi.

«Da dirigente, quando giocavo, è stato bravo. Ma non l’ho più sentito».

Che ricordo aveva dell’Italia?

«Penne, gamberi e zucchine da Angelino a Torino. Mi ha regalato pure le padelle per farle in Croazia e mia moglie una volta a settimana fa quella pasta. Amo l’Italia, con la famiglia due volte all’anno vengo a Roma».

Le devo ricordare quelle quattro dita che le fece Totti...

«Cose da campo, di 20 anni fa. Se resto qui il prossimo anno e gioco contro la Roma, quando lo vedo gli do un bacio. Totti è uno dei più forti di sempre».

E il più forte?

«Zidane. Lui era il calcio. Lo vedevi in allenament­o e ti chiedevi come riuscisse a fare certe cose».

Tudor, l’Udinese come si salva?

«Facendo punti. Ha grande potenziale, soffre un po’ la pressione ma a Benevento ho visto una squadra che voleva andare a colpire. I giocatori sono come i bambini: devi dar loro amore e disciplina».

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Gli argentini Higuain e Dybala
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INVIATO A UDINE
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