Moratti attacca «Juve, solita storia ritorno al passato»
●Sessantanove anni fa iniziava la leggenda Squadra rivoluzionaria, società strutturata, fan organizzati: Mazzola & co. aprirono la strada al futuro
«Spalletti è bravo, ma i cambi nel finale hanno tolto carattere»
Ciò che separa la storia dalla leggenda è un semplice aggettivo: grande. Valentino Mazzola e i suoi compagni non erano il Torino, ma il Grande Torino. In Italia è stata la prima squadra alla quale è stato assegnato un simile privilegio. Quel «Grande» marca la distanza tra il mondo degli uomini, della loro normalità, e quello degli eroi. In un maledetto pomeriggio di sessantanove anni fa quell’universo finiva per sempre ma, come scrisse Indro Montanelli sul Corriere della Sera del 7 maggio 1949, «gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto “in trasferta”». La lezione di quella squadra vive ancora e ci sarebbe bisogno, per il bene del calcio italiano, che molti la studiassero e la mettessero in pratica.
SCHEMA Il Grande Torino è stato rivoluzionario nel modo di interpretare le partite. In che senso? Semplice: in un panorama che si era ormai appiattito, a livello tattico, sul «metodo», i granata colsero la novità dall’estero e la importarono. Ecco allora che si vide anche in Italia il sistema, o il «WM»: ciò significava proporre marcature a uomo, dare maggiore importanza ai duelli individuali e, di conseguenza, alla tecnica. Sarebbe come se oggi, all’improvviso, una squadra decidesse di invertire la rotta del nostro calcio, sempre figlio della difesa della linea del Piave, e puntasse sul tiquitaca. Una rivoluzione, no?
ORGANIZZAZIONE Altro aspetto che, a volte, è passato inosservato: il Grande Torino era, nella sua struttura, una società moderna. Così l’aveva pensata il presidente Ferruccio Novo che aveva scelto i collaboratori più stretti (il consigliere Roberto Copernico, l’amministratore delegato Rinaldo Agnisetta, l’inglese Leslie Lievesley allenatore delle giovanili e poi della prima squadra), aveva destinato ingenti capitali finanziari per l’impresa (Mazzola e Loik furono acquistati, nell’estate del 1942, per un milione e duecentomila lire) e aveva organizzato tutto alla perfezione: ogni uomo aveva un compito preciso.
CARATTERE Da questo progetto, studiato a tavolino, vennero i successi. E questi nacquero anche grazie a uno spirito di gruppo abbastanza insolito per quei tempi. Il Grande Torino aveva, in campo, un comandante: Valentino Mazzola. Lui ordinava e gli altri eseguivano. Quando il capitano si tirava su le maniche e faceva la faccia cattiva, significava che era arrivato il momento di suonarle agli avversari: era il famoso quarto d’ora granata, quello in cui il nemico veniva spedito al tappeto da un’incredibile serie di colpi. Questo carattere d’acciaio, per cercare un paragone nel presente, ricorda un po’ quello della Juve, la grinta di Buffon, Barzagli e Chiellini tanto per intenderci.
SIMBOLO Lo spirito granata, questo è l’altro elemento da sottolineare, divenne un obiettivo per il calcio di casa nostra. Si sviluppò, in quegli anni, una sorta di desiderio d’imitazione, ovviamente impossibile dato che campioni come Mazzola, Ossola o Maroso gli altri non li avevano, però grazie al Grande Torino anche gli avversari migliorarono. Il commissario tecnico Vittorio Pozzo, tanto per far capire quanto quella squadra fosse «da traino» per l’intero sistema, schierò in maglia azzurra addirittura dieci undicesimi del Grande Torino: mancava soltanto il portiere Bacigalupo nel 3-2 con il quale l’Italia battè l’Ungheria l’11 maggio 1947.
TIFO E la gente, a vedere tanta bellezza, si emozionò, si appassionò e, pur in mezzo alle miserie del Dopoguerra, si innamorò. Tutti, anche chi non tifava per i granata, li ammirava. E tutti, idealmente, suonavano la carica come faceva il capostazione Oreste Bolmida, il trombettiere del Filadelfia. Quel gesto non era soltanto il segno dell’assalto, ma della partecipazione di un intero popolo all’impresa dei suoi eroi. E oggi dove sono uomini così?