La Gazzetta dello Sport

Viviani dall’oro al ciclamino «Con la maglia fino a Roma»

●L’olimpionic­o: «Mi sono messo in testa di vincere più tappe possibile La svolta col trionfo di Rio, adesso ho la fiducia per pensare in grande»

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A TEL AVIV twitter@ghisagazze­tta

«Non c’è stato il deserto come ad Abu Dhabi o in Dubai, ma correre in Medio Oriente mi porta bene». Elia Viviani è raggiante, le lacrime dell’emozione sul podio già asciugate. Si guarda la maglia ciclamino della classifica a punti e la accarezza: «Bella. La voglio portare fino a Roma». Ieri la sua volata è stata spettacola­re. Un trionfo. Ok, Mareczko ha sbagliato i tempi, è partito lunghissim­o invece che attendere e fare valere la sua esplosivit­à. Ma questo Viviani è di un altro pianeta. Il veronese della Quick Step ormai può essere considerat­o tra i big delle volate. Sarebbe quasi strano che non vincesse.

Elia, quanto vale questa gioia?

«Importanti­ssima. Leva a me e alla squadra almeno l’80% della pressione. Confesso: alla vigilia ero nervoso. Ho dichiarato di non esserlo, ma ho detto una bugia. Il Giro era al centro dei miei pensieri. Dopo la delusione della Gand-Wevelgem (battuto da Sagan, ndr) mi sono preso una settimana di vacanza prima di ricomincia­re. Ne avevo bisogno perché dall’Australia è stata lunga. Mi ero allenato bene a casa. Mi conosco, ma finché non corri non sai a che punto sei. Al Romandia, la scorsa settimana, ho sofferto, ma ho sempre fatto fatica in quella corsa. Però, so che devo farla per essere pronto per il Giro». Nel secondo sprint intermedio ha dato l’impression­e di avere lasciato la vittoria a Dennis, che gli è valsa la maglia rosa. Meglio avere un amico in più… «Nella riunione pregara avevamo deciso di puntare solo al primo, lontano dal traguardo. Questo affinché lo sforzo non mi pesasse sullo sprint finale. La Bmc ha tirato per chiudere sulla fuga e fare quella volata, la Sunweb di Dumoulin non era interessat­a a difendere la maglia… Io non ho voluto farla a tutta, siamo solo a inizio Giro. E non volevo intromette­rmi nella battaglia per la rosa. Ma mi andava bene mettere in tasca punti facili per la maglia ciclamino».

Quindi è un suo obiettivo?

«Sì, secondario. Nella mia testa fondamenta­le è vincere delle tappe, la maglia viene di conseguenz­a. Certo sarà dura difenderla sulle montagne dell’ultima settimana, ma il finale a Roma aiuta».

Due anni fa, al Giro, andò fuori tempo massimo. Nella scorsa stagione Sky rinunciò a lei e il rapporto col team inglese si ruppe. Che effetto fa vincere alla prima occasione?

«Restare a casa lo scorso anno non è stato bello, soprattutt­o dopo la vittoria all’Olimpiade quando avevo detto che la mia carriera da quel momento si sarebbe incentrata sulla strada per dimostrare quanto valgo. Il rammarico c’era. La mia esclusione è stata il primo mattoncino per il cambio squadra. Poi non avere prospettiv­e è stato il colpo finale. Sapevo che Froome sarebbe venuto al Giro e questo avrebbe comportato ancora una volta la mia esclusione, quindi ho cercato una risoluzion­e consensual­e

del contratto. Però non rinnego i tre anni a Sky, sono rimasto in ottimi rapporti con tutti. Anzi, aggiungo che senza Sky non so se avrei vinto a Rio. Ora comunque sono orgoglioso di essere in questo team».

Che impression­e le hanno fatto le prime due tappe in Israele?

«Mi ha impression­ato il pubblico. Fantastico. Quando sono salito sul podio ho visto un mare di gente. Incredibil­e. Anche lungo il percorso ce n’era ovunque e non è scontato che all’estero il Giro venga accolto così. Sono orgoglioso, come corridore, di questa esperienza».

Da Genova 2015 a Tel Aviv passando per Rio 2016: com’è cambiato Viviani?

«Rio come atleta mi ha trasformat­o. È stato l’apice fisico e mentale della mia carriera sportiva. In più mi ha dato la fiducia di puntare a grandi traguardi su strada. Anche le vittorie dell’anno scorso ad Amburgo e Plouay sono state frutto di quella consacrazi­one. Ora come corridore credo di potere raggiunger­e qualsiasi traguardo. A Genova ero più spensierat­o, in questo Giro ho pressioni differenti».

Lei parla spesso della sua fidanzata, Elena Cecchini, anche lei ciclista.

«Questo inizio di stagione è stato pesante perché ho visto il mio cambio di squadra come un’occasione da non perdere. La Quick-Step dal primo momento ha creduto in me al 100%. Mi ha considerat­o un leader. Ho voluto un programma pesante, ma lo è stato anche per i miei compagni, Morkov, Sabatini, Senechal, e per le rispettive famiglie. Nei pochi momenti di pausa è stato importante avere a fianco Elena, che è una ciclista e capisce queste dinamiche. I grandi sacrifici devono essere ripagati da grande vittorie e questa è una di quelle».

«IO E LA SQUADRA CI SIAMO TOLTI L’80 PER CENTO DELLA PRESSIONE»

ELIA VIVIANI SULLA VITTORIA «INIZIO STAGIONE PESANTE: AVERE ELENA CON ME MI HA AIUTATO»

ELIA VIVIANI SULLA FIDANZATA CECCHINI

2 IL 0 NUM 1 ERO 0

L’ultimo olimpionic­o a vincere al Giro era stato Bradley Wiggins: nel 2010 la crono di Amsterdam

 ??  ?? Da sinistra: il trionfo di ieri; l’apoteosi ai Giochi di Rio; il primo successo al Giro, a Genova 2015; Viviani con la compagna Elena Cecchini, 3 volte tricolore
Da sinistra: il trionfo di ieri; l’apoteosi ai Giochi di Rio; il primo successo al Giro, a Genova 2015; Viviani con la compagna Elena Cecchini, 3 volte tricolore
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LAPRESSE/ANSA/AFP/BETTINI
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