Under e i baby La Roma punta Kluivert junior
Appena quattro tappe e Chris Froome si trova già con un fardello di 55” di ritardo dalla maglia rosa, l’australiano Dennis, e di 54” dal rivale di riferimento di questo Giro d’Italia, l’olandese Dumoulin, il re dell’ultima edizione. Ma se la crono d’apertura a Gerusalemme, costatagli 37” di gap, era stata viziata dalle ammaccature rimediate nella caduta durante la ricognizione, la tappa di ieri si è giocata invece ad armi pari. E il britannico, arrivato a 21” dal vincitore di tappa Wellens e a 17” dalla maglia rosa, ha conosciuto subito, al primo impatto, quanto è diverso il Giro d’Italia – che lui aveva corso l’ultima volta nel 2010 – rispetto al Tour de France, suo terreno di caccia preferito. Perché sulle strade della Penisola – non parliamo poi di quelle del trittico siciliano che ha rimesso in moto la corsa rosa dopo la storica Grande Partenza da Israele – le insidie si nascondono a ogni angolo, su ogni zampellotto, lungo ogni discesa, nel ventre infido di una strettoia, sul brecciolino di una curva. Poteva immaginarlo, certo. Ma rendersene conto di persona è un’altra cosa. È presto, tuttavia, per emettere verdetti al quarto giorno di corsa, con tutti quei metri di dislivello che si andranno a sommare fino al 26 maggio, prima della passerella finale di Roma. A prescindere dai trabocchetti, la bellissima tappa di ieri da Catania a Caltagirone aveva un finale più adatto a corridori esplosivi, da classiche tanto per intenderci, o che già hanno la gamba pronta. E Froome non appartiene a nessuna delle due categorie. La gamba, in particolare, è stata tarata giocoforza per uscire alla distanza, perché il grande obiettivo del leader del Team Sky non è soltanto vincere il Giro, ma prendersi pure il quinto Tour e diventare il primo a fare la doppietta dal magico 1998 di Pantani. Un obiettivo che ha respinto anche Contador, e un anno fa Quintana, segno che è davvero un’impresa titanica, soprattutto nel ciclismo di oggi.
La doppietta nello stesso anno gioca su compromessi sottili, su equilibri delicatissimi, che non dipendono solo dalle proprie energie, ma pure dalla condizione e dall’approccio degli avversari, soprattutto quando si tratta di corridori che hanno solo un bersaglio nel mirino. Essere subito pimpanti può pregiudicare la tenuta alla distanza. Ma una falsa partenza può far diventare impossibile il recupero. Questa è la grande difficoltà che si para davanti a Froome. Forse lui stesso aveva messo in preventivo che la prima settimana sarebbe stata a handicap. Ma se domani sull’Etna si farà di nuovo staccare, il compito diventerà tremendamente improbo.