Tassotti: «Gattuso è speciale Max cambia in corsa»
●Al Milan fu il vice di Allegri e allenò il Rino calciatore: «Ringhio non è soltanto grinta, Allegri sa scherzare»
Dopo quarant’anni di calcio è normale conoscere praticamente tutti. Ci sono alcuni incroci, però, che sono speciali rispetto ad altri. A volte, particolarmente speciali. Succede quando c’è di mezzo un’amicizia, o uno spogliatoio condiviso per tante stagioni. Succede soprattutto quando si è sulla stessa lunghezza d’onda e questa sera per Mauro Tassotti sarà proprio uno di quegli incroci. Da una parte Gattuso, che Mauro ha allenato per gran parte del romanzo rossonero di Rino. E dall’altra c’è Allegri, di cui è stato il vice negli anni milanisti. In entrambi i casi stiamo parlando di rapporti veri e coppe alzate al cielo. Amicizia e vittorie: se nel pallone esiste l’alchimia perfetta, qui ci andiamo molto vicini. Tassotti ora calcisticamente conduce un’altra vita. Due anni fa, dopo trentasei di Milan, ha preso un aereo per l’Ucraina andando a raggiungere un’altra sua vecchia conoscenza rossonera, Shevchenko, alla guida della nazionale («esperienza bellissima, spero possa continuare anche in vista dell’Europeo, per l’accordo siamo ormai ai dettagli»). Stasera Mauro non sarà all’Olimpico ma tiferà Milan – Allegri di certo capirà – davanti alla tv.
Indosserà una maglia rossonera anche lei come Ancelotti?
«No, e sa perché? Perché spero di indossarla presto per una coppa più importante».
L’ottimismo è il profumo della vita. Vale anche per il risultato della sfida?
«Faccio fatica a sbilanciarmi in un pronostico perché partite secche come questa possono andare in qualsiasi modo. Diciamo che la Juve ha più qualità rispetto al Milan, però rispetto a una volta i valori si sono molto avvicinati. Di certo il Milan non parte battuto».
E soprattutto sarebbe una vittoria di cui il Milan avrebbe più bisogno, per svariati motivi, rispetto ai bianconeri.
«Alzare un trofeo per un Milan nuovo in tutte le componenti come questo sarebbe un gran punto di partenza».
Farebbe anche un certo effetto vedere Gattuso che alza un trofeo da allenatore.
«Ho letto e sentito addetti ai lavori che si sono stupiti di vederlo diventare allenatore: non “ce lo facevano”. Io francamente non mi stupisco, anche perché lui non è tutto grinta e corsa come la gente lo ricorda e ancora adesso lo identifica. È uno che studia e si prepara».
Che cosa l’ha stupita maggiormente?
«La velocità con cui si è impossessato del Milan, nonostante la pessima partenza. È stato proprio bravo: i rossoneri giocano un buon calcio e comunque hanno una rosa di qualità. Questa squadra, in una stagione dove le cose filano lisce, è da terzo-quarto posto».
Perché Gattuso ha le carte in regola per essere un buon allenatore?
«Perché è un ragazzo speciale. Scaltro e svelto di testa, lo è sempre stato. Ha saputo svoltare velocemente, in Svizzera ha fatto pure il giocatore-allenatore, non ha avuto alcuna paura a buttarsi in situazioni oggettivamente complicate, in mezzo a mille difficoltà di tutti i generi. Evidentemente voleva misurarsi con se stesso. E poi ha anche ottenuto successi: conquistare una promozione dalla C alla B non è facile, è un indizio importante per dimostrare che sa come si gestisce un gruppo».
Contento per il suo rinnovo contrattuale?
«Certo, è un segnale importante anche per i giocatori. Se l’è meritato tutto e mi auguro che sia l’allenatore capace di riapri- re un ciclo importante».
Ma da giocatore Rino com’era?
«Gestirlo non era complicato in sé per sé, però a volte era troppo esuberante, “strabordava” e non era facile tenerlo. Piuttosto, è stato complicato accompagnarlo alla fine della carriera: per chi, come lui, gioca con tutta l’anima, non è facile capire quando è il momento di lasciare. Comunque ne ha fatte di tutti i colori, in campo e fuori. A me piace sempre ricordare quella folle corsa da un’area all’altra al 120’ della finale Champions di Manchester, fino da Buffon, per andare a pressare la Juve. Lì c’è tutto Rino».
Qual è la prima differenza che le viene in mente fra lui e Allegri?
«Se penso a un allenamento diretto da Gattuso, immagino di non sentir volare una mosca. Con Allegri invece c’è anche il momento della battuta e del sorriso. Il che ovviamente non significa non faticare. Fra Sacchi e Ancelotti era uguale. Sacchi voleva silenzio assoluto perché i giocatori dovevano sentir parlare i muscoli, Ancelotti era meno intransigente».
Il suo rapporto con Allegri?
«Sono stato molto bene con lui e con il suo staff. Ci siamo integrati alla perfezione, anche fuori dal campo. Vi dirò, sono stato in imbarazzo quando è stato esonerato e io sono rimasto. Mi sono sentito in colpa nei loro confronti, perché io c’entravo tanto quanto loro».
Il pregio migliore di Max?
«È molto svelto a leggere le situazioni durante le partite».
Secondo lei il suo ciclo alla Juve sta volgendo al termine?
«Lo leggo spesso, e quando le cose ricorrono spesso è perché un fondo di verità c’è. Per me potrebbe andare avanti».
I suoi anni più belli con Gattuso e Allegri?
«Con Rino il 2002-03: la stagione della Champions e della Coppa Italia. Con Max ovviamente lo scudetto 2010-11».
Pensi a entrambi e ci dica il primo augurio che le viene in mente.
«Auguro a Gattuso di riuscire a fare ciò che ha fatto Allegri. È complicato, lo so, ma per me è un fratello e non ci può essere augurio più bello».
RICORDI PIÙ BELLI? LO SCUDETTO CON MAX E LA PRIMA COPPA CON RINO SU GATTUSO E ALLEGRI ALLENATORI DI MILAN E JUVE
LA JUVE HA PIÙ QUALITÀ, MA QUESTO MILAN ERA DA 3°-4° POSTO SU JUVENTUS-MILAN LA FINALE DI STASERA