FONDAZIONE CANNAVÒ LA CULTURA DEL FARE
Franco Arturi, storica firma ed editorialista della Gazzetta, è il nuovo Direttore Generale della Fondazione Cannavò: qui ne illustra i valori, l’impegno, i risultati e gli obiettivi per il 2018.
«Tutto il rosa della vita» è uno slogan accattivante, leggero, che induce al sorriso e all’ottimismo. Ma non è facile da sostenere: dietro c’è un gran lavoro. E non mi riferisco tanto alla moltitudine di giornalisti che hanno portato la Gazzetta dello Sport, negli ultimi 123 anni, al suo status di autorevolezza e di attrattiva. E nemmeno alla fedeltà di milioni di lettori che ne hanno decretato il successo. Parlo piuttosto dell’onesta fatica di mantenere rosa quel rosa. Cioè di costruire un castello di valori, inespugnabile a ogni nefandezza. Perché è questo e non altro a fare del vostro e nostro quotidiano il «giornale delle regole».
Candido Cannavò, per 19 anni direttore della Rosea, ne ha fatto una missione, una ragione di vita. Il suo lascito morale è una sorta di scudo che tutti i suoi successori e noi che ci onoriamo di lavorare nel suo solco hanno utilizzato per difendere il fortilizio. Da qui la disonestà, l’inciviltà, il razzismo, la violenza, la discriminazione culturale, la becera volgarità non passeranno. È bello raccontare lo sport, ma senza questa armatura interiore ogni disciplina si accartoccerebbe su se stessa diventando campo libero per ogni tipo di scorribanda. La questione morale è il presupposto stesso per cui la narrativa sul mondo dei campioni conservi senso e suggestione.
E dunque capirete facilmente perché questa straordinaria eredità per noi della Gazzetta è diventata materia viva. Non culto della personalità di un grande personaggio, ma difesa della materia di cui sono fatti i sogni. La Fondazione Candido Cannavò per lo Sport è nata anche per il senso di gratitudine che ciascuno di noi sente verso quella figura. Ma non è mai stata soltanto una palestra di discorsi e approfondimenti teorici sull’etica. Al contrario, impregnata di cultura del fare, si è data, nei suoi 9 anni di vita, dei compiti di solidarietà, realizzando progetti concreti a vantaggio dell’area più disagiata e dolorosamente emarginata della nostra società. Non siamo giganti, al contrario di Candido, ma abbiamo pur sempre portato a termine 65 progetti, finanziandoli con oltre 900 mila euro. Nelle carceri, attorno alla disabilità sportiva, in iniziative legate alla cultura sportiva e al rispetto delle regole. Non abbiamo restituito il sorriso perenne a nessuno, ma abbiamo fatto scattare piccole molle perché si sentissero protagoniste molte persone a cui la società o le circostanze negano ciò che è patrimonio di tutti noi privilegiati: fare sport, informarsi, crescere in modo sano.
Cannavò ha combattuto tutta la vita sulla trincea della solidarietà. È stato un esploratore delle aree più dolorose dell’esistenza per trarne insegnamenti e forza. Ogni buona iniziativa fatta in suo nome è una soddisfazione enorme. Mi par di vederlo davanti quando scherzando diceva: «Il giorno che ti presenterai davanti a San Pietro, potrai raccontare anche questo». E concludeva con una risata. C’è un progetto realizzato che ricordo con particolare affetto: anni fa, la Fondazione ha contribuito a risanare e ristrutturare il percorso protetto dentro San Vittore: si tratta delle stanze, attrezzate in modo idoneo, anche dal punto di vista psicologico, dove i detenuti possono incontrare i loro bambini, al riparo della lugubre architettura del carcere. Quelle visite avvengono davanti a pareti colorate, a disegni gioiosi, ad angoli di giochi. Lì Cannavò è presentissimo.
Concludo queste note, dopo la bellissima mattinata del Premio Facchetti a Pirlo, nel segno della concretezza. Con un appello: la Fondazione ha bisogno del sostegno del maggior numero di compagni di viaggio. E allora fatevi avanti, cari amici: un’idea, un supporto, un aiuto noi li traduciamo nella lingua del cuore.