La Gazzetta dello Sport

«Giornata dura ma mi sento sempre meglio Ho fiducia»

A 4” a 4” a 4” a 4” a 10” a 21” a 1” a 17” a 19” a 25” a 28” a 34” a 37” a 55” a 57”

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A CALTAGIRON­E

Una situazione difficile e imprevedib­ile. Chi poteva pronostica­re alla vigilia del Giro che dopo quattro tappe Chris Froome fosse così indietro in classifica? Ventesimo a 55 secondi dalla maglia rosa. Ok, si potrebbe dire, ma è difficile che Rohan Dennis tenga sulle grandi salite alpine. Però là in cima, a un solo secondo dell’australian­o, c’è quel Tom Dumoulin che non puoi ignorare perché è il campione uscente. Chris è così in ritardo che dietro di lui, tra i favoriti per la conquista della maglia rosa a Roma, c’è solo Fabio Aru. Magra consolazio­ne. E ieri, ciliegina sulla torta del difficile avvio di Giro – dalla caduta nel riscaldame­nto alla deludente crono di Gerusalemm­e –, si sono aggiunti pure i 21 secondi accusa- ti sul traguardo da Tim Wellens. Vedere passare il re di quattro Tour ultimo tra i big al termine di uno strappo di 900 metri fa sempre effetto. Lui però minimizza. Almeno davanti alla stampa.

Froome, come sta?

«È stata una giornata dura, molto nervosa, su e giù, sinistra-destra, strade un po’ brutte e un po’ pericolose. Io sono contento perché la giornata è passata senza incidenti, anche perché i miei compagni mi hanno pilotato sempre nel posto giusto. Poi tappa dopo tappa mi sento sempre meglio. Sto bene e sto recuperand­o dalla caduta, le abrasioni si stanno cicatrizza­ndo e cominciano a non essere più un problema. Ogni giorno mi sento meglio e questo mi dà fiducia». Però, a proposito di compagni, c’è da sottolinea­re che Wout Poels, che dovrebbe essere la sua om- bra, è arrivato prima, perdendo solo 10”. Finale complicato, ma è strano che un corridore esperto come l’olandese si perda il capitano e lo lasci dietro.

Però qui ha perso altro tempo. Come spiega questa sconfitta?

«Questa è la corsa. Nel finale, poco prima di una curva, c’è stato casino in gruppo e questo mi ha danneggiat­o. Mi sono trovato chiuso alle transenne, ho perso posizioni, sono rimasto bloccato e non ho potuto risalire come volevo. Per questo sono arrivato ai piedi dello strappo finale in una brutta posizione. Ora pensiamo alla prossima tappa, poi vedremo cosa succederà sull’Etna».

Conosce l’inedito versante dell’Etna di domani?

«Non l’ho visto. Non lo conosco. Vediamo cosa succede».

Alla vigilia sembrava che la lotta per la maglia rosa fosse tra lei e Dumoulin. Dopo le prime tappe la situazione è cambiata?

«Ma no, io avevo detto alla partenza che sono tanti quelli che possono vincere. Non ci sono solo due cavalli in questo Giro: Fabio Aru, Thibaut Pinot, Superman Lopez…».

E Rohan Dennis può puntare a vincere?

«Certo, c’è anche lui. Perché no? Ora ha anche la rosa».

Dopo la corsa è tornato alla vecchia abitudine di fare defaticame­nto sui rulli girato di schiena al pubblico. Cosa che negli ultimi periodi aveva abbandonat­o. Questa scelta è legata al fatto che lei è arrabbiato o deluso?

«No. Noi facciamo sempre così». La pressione aumenta. Il Tour è la corsa più importante al mondo. Il Giro la più dura, la più difficile.

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