L’ATLETICO STYLE VINCE ANCORA
Il successo in Europa League
La vittoria dell’Atletico Madrid in Europa League certifica che non esiste una sola strada per arrivare alla gloria. Non c’è soltanto il tiqui-taca e non c’è soltanto il possesso-palla: se ne facciano una ragione i profeti che distribuiscono moduli e schemi come fossero ricette per l’elisir di lunga vita. L’Atletico di moduli ne ha uno solo, però sa applicarlo come nessuno al mondo e per questa ragione trionfa: il 4-4-2 è un marchio di fabbrica e, verrebbe da dire facendo un salto nella filosofia, persino una condizione dell’anima. Nel senso che, così disposti, i colchoneros difendono (molto) e attaccano (poco) con saggezza e coraggio, si aiutano, si compattano e sembra davvero che la squadra sia una fisarmonica. I detrattori dicono che questo sistema di gioco deve essere classificato come «catenaccio», ma in verità è soltanto uno dei tanti modi di praticare il calcio (per fortuna non ce n’è uno solo...). A qualcuno potrà non piacere, tuttavia nessuno potrà negare che porta risultati.
E’ sufficiente osservare la bacheca dell’Atletico Madrid per capire quanto sia produttivo il presunto catenaccio. Da quando è arrivato Diego Simeone sulla panchina (21 dicembre 2011), e quindi da quando si fa questo tipo di calcio, i colchoneros hanno impreziosito la galleria con due Europa League, una Liga, una Supercoppa Europea, una Coppa di Spagna e una Supercoppa di Spagna. Inoltre ci sono due finali di Champions perse entrambe contro i mostri del Real Madrid (già, ma quelli chi li batte?): loro, però, quelli dell’Atletico all’ultimo chilometro ci sono arrivati; gli altri, invece, quelli che fanno del possesso-palla il loro «Padre Nostro» dov’erano?
Ecco, il 3-0 con il quale gli spagnoli liquidano il Marsiglia è un segnale di forza che viene mandato a tutto il movimento. Non ci sono soltanto il Real, il Barcellona, il Manchester City, il Liverpool, la Juve, il Bayern o il Psg. Per quello che ha dimostrato negli ultimi cinque anni, al netto di qualche comprensibile black-out (come può essere stata l’eliminazione dalla Champions in questa stagione), l’Atletico si è guadagnato il titolo di Grande d’Europa. Merita di stare nel ristretto gruppo delle big, e che lo faccia seguendo una strada leggermente diversa dalle altre dovrebbe far riflettere anche gli allenatori di casa nostra sempre a caccia di nuove soluzioni e strane alchimie tattiche. La prima qualità dell’Atletico è la perfetta sintonia tra l’allenatore e i suoi ragazzi: sono una cosa sola, i giocatori fanno ciò che Simeone ordina e andrebbero persino nel fuoco per lui. E’ così che si costruisce uno spirito di squadra. Anzi: di squadra vincente.
Ci sono immagini che arrivano dalla finale di Lione e che dovrebbero essere mostrate, a mo’ di lezione, a molte squadre italiane. Griezmann che va a raddoppiare sul portatore di palla avversario e così dà una mano; Diego Costa che si spolmona per rincorrere un centrocampista del Marsiglia e, alla fine, gli sottrae la sfera; Gabi che detta i tempi del pressing come un consumato direttore d’orchestra; e Godin, là dietro, che incita i compagni, li consiglia, li muove come fossero pedine e, alla lunga, ha sempre ragione lui. Domanda: quante delle nostre squadre hanno questo spirito di sacrificio, questa umiltà, questo coraggio? Giocheranno anche un calcio elementare, a volte butteranno il pallone lungo come si faceva all’oratorio, non saranno raffinati come i funamboli del Real Madrid, ma quanto è bello vedere il modo in cui i colchoneros aggrediscono il nemico, gli tolgono il fiato e non lo fanno respirare. E se questo ennesimo successo europeo è un successo operaio, non ci resta che dire: viva gli operai!