La Gazzetta dello Sport

Viviani fa tris Ora le sentenze dello Zoncolan

●Volata di rabbia dell’olimpionic­o: con Bennett siamo 3-2. Oggi l’ora della verità sulla montagna della Carnia: Aru e Froome all’attacco della maglia rosa Yates

- Luca Gialanella INVIATO A NERVESA DELLA BATTAGLIA (TREVISO)

L’olimpionic­o è 3-2 con Bennett. Oggi Aru e Froome per il riscatto. E Yates sogna il colpo...

Sì, Elia, prenditela. Nel tuo Veneto, davanti alla tua gente. Una folla degna di un olimpionic­o, in un luogo sacro della storia d’Italia. Qui, a Nervesa, medaglia d’oro al valor civile, sul Piave, sul Montello, dove gli italiani sono diventati una nazione. Cento anni esaltati nei cinque cerchi olimpici che Viviani porta sulla pelle. Forse non ci poteva essere luogo più iconico che unisse storia e sport.

FESTA Elia non vuole scendere da quel podio, si gode la festa del suo popolo. Guarda, sorride, fa tre con le dita. Dopo Tel Aviv ed Eilat ecco il primo hurrà in Italia. Una volata chiusa con uno sfogo di rabbia mai visto. Perché un velocista è un cane da caccia che insegue la preda. Perché un velocista che perde è un leone ferito. Prima Coledan, che si ricorda di essere un ottimo inseguitor­e, ripreso ai 300 metri da Modolo che voleva festeggiar­e il matrimonio; a sua volta il trevigiano cancellato da Viviani, che con le mani fa il gesto «calma, calma», non datemi per finito dopo le due tappe vinte dal rivale Bennett, e per la tensione scaraventa a terra la bici con i freni a disco (già in Israele era entrato nella storia per essere stato il primo a vincere al Giro con questo sistema). Sì, il trono è di nuovo suo.

VELOCITÀ Ancora una giornata pazzesca, a quasi 46 di media. E fanno quattro di fila. I corridori hanno risalito l’Italia a ritmo folle. Si dice che in gruppo c’è tanta stanchezza: mah. Lo vedremo oggi nel giorno che il Giro aspettava da 13 tappe. L’olimpionic­o Viviani apre la porta della salita più dura d’Europa in un grande giro: Monte Zoncolan. Una strada verticale verso il cielo che comincia a Ovaro. E a Liariis, dopo 1500 metri, ti accoglie con due cartelli: «La porta per l’inferno» e il celeberrim­o «Lasciate ogni speranza o voi che entrate». Dante non andava in bicicletta, ma le sue parole sono immortali. Questo è il Maracanà del ciclismo.

STORIA E MARKETING Nessun’altra montagna è riuscita a imporsi al mondo in così poco tempo: era il 2003, versante di Sutrio (quello più facile). Oggi la sesta volta, la quinta da Ovaro. Una salita che ha cambiato la dimensione della Carnia, terra dura e di emigrazion­e, di storie e leggende: su queste strade passarono anche i cammelli dei Cosacchi, in fuga dalla seconda guerra mondiale. Lo Zoncolan è diventato subito la miglior strategia di marketing del territorio. In origine era una mulattiera austriaca della Grande Guerra. Poi Mussolini, nel 1939, decide di rinforzare i confini e ordina la costruzion­e della strada OvaroZonco­lan per portare in quota armi e truppe. Mille operai al lavoro, un anno per finire il tracciato. Tutto a mano. Soltanto per le tre gallerie che anticipano lo scenario dello stadio naturale dei centomila tifosi viene mandato un compressor­e da Milano. Zoncolan vuol dire i mirtilli rossi ad agosto, le malghe e le piste da sci. Dal 2003, ciclismo. Oggi sarà blindato dai tre versanti: Ovaro, Sutrio e Ravasclett­o. Tutte le persone dovranno passare dai metal detector, agenti in borghese sui prati, 1200 volontari, gli alpini della Brigata Julia in cima.

SFIDA Il dislivello di 1203 metri si raggiunge in 10,1 km, pendenza media dell’11,9% e punte del 22%. Salita asfissiant­e, più del Mortirolo e dell’Angliru in Spagna. Appena dopo Liariis, ci sono 5 km con pendenza media del 15,3%. Il 22% a -6,3 km, 20% a -4,3;

18% e 16% nell’ultimo chilometro. Attenzione: prima ci sono Passo Duron (4,4 km, media 10%, max 18%) e Sella Valcalda-Ravasclett­o (7,6 km, 6%). È lo scenario che aspetta oggi la maglia rosa Simon Yates. A 25 anni ha scoperto Izoard e Galibier al Tour, mai una grande montagna italiana. La strada dello Zoncolan, come le spire di un serpente, potrebbe ammaliarlo o stritolarl­o. È l’esame più difficile della carriera, lo spartiacqu­e dopo 13 tappe da dominatore. Due successi a Campo Imperatore e Osimo, l’Etna regalato al compagno Chaves; Aru a 3’10”, Froome a 3’20”. Yates si troverà a proprio agio perché pesa 57 chili e ha una frequenza alta di pedalata: ma vedremo come reagirà a uno sforzo atroce di 40’, con velocità intorno ai 10 km orari. E come fu il Mortirolo per Indurain nel 1994, lo Zoncolan determiner­à lo sviluppo della corsa rosa di Dumoulin, che pesa 13 chili più di Yates. Infine, sarà la fermata più dura del calvario di Aru e Froome. Alla vigilia del Giro, su questa salita dove passò nel 2014 in maglia bianca dei giovani, il Tricolore avrebbe voluto piantare la bandierina delle sue ambizioni: vedremo se la pietra carnica sarà troppo dura per lui.

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L’anfiteatro naturale dello Zoncolan nel 2014, ultimo arrivo del Giro BETTINI
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La volata vittoriosa di Elia Viviani, 29 anni BETTINI
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