La Gazzetta dello Sport

Ancora 2 anni, una vita in rosso «Per provare a vincere il titolo»

●Firmando sino al 2020, diventa il ducatista più longevo: «Niente veti sul compagno del futuro. I più probabili sono Petrucci e Miller, ma, se resta Lorenzo, no problem»

- Mario Salvini INVIATO A LE MANS (FRANCIA)

LA TRATTATIVA MI AVEVA DISTRATTO, È INUTILE NEGARLO

PRIMA AVEVO GROSSI BONUS MA DI BASE «VALEVO» POCO ORA È DIVERSO

Andrea Dovizioso ha una concezione del tempo diversa da quella dei suoi colleghi. Non del tempo da fermare sui cronometri, qui si parla di obiettivi, di maturazion­e. Di vita. Si parla di una carriera in cui, al di là delle vittorie, dei Mondiali, dei podi, Dovi ha fatto qualcosa di più e di meglio di qualsiasi suo avversario: si è migliorato. Sempre, e come forse nessun altro è stato capace di fare. E dunque sì: ha sempre avuto bisogno di tempo. Però adesso è il ducatista più ducatista di tutti. «È il nostro pilota più longevo», ha detto ieri Paolo Ciabatti nell’introdurre la conferenza in cui si annunciava il prolungame­nto del contratto. «Restando fino al 2020, Andrea sarà con noi per 8 anni. Almeno 8 anni», ha proseguito il direttore sportivo. Tutto previsto, tutto nella logica, eppure emozionant­e. Come sanno emozionare le vicende del Dovi. Che non per caso anche lì, in quello che dev’esser stato uno dei momenti più esaltanti della sua carriera, ha usato tante volte quella parola: «Tempo». «C’è voluto tempo, per chiudere l’accordo, come è normale in trattative come questa». È come se dentro il Dovi ci fosse un’etica che gli impedisce di ottenere tutto e subito. Niente è mai troppo facile, per lui. Ma, attenzione, non c’è mai niente nemmeno di impossibil­e. E infatti anche così, un passo alla volta, lentamente – meraviglio­so controsens­o, per un pilota – è arrivato a certificar­e la sua bravura con un contratto ricco di soldi e ancor più significat­i.

TRATTATIVA «Sono orgoglioso di come siamo arrivati a chiudere — ha raccontato —. Ci siamo comportati tutti in modo intelligen­te, senza richieste stupide controprod­ucenti. Con soddisfazi­one per tutte e due le parti, consideran­do anche che partivamo da lontano». Lontano nonostante, sono sempre parole sue: «Il 2017 straordina­rio». Un 2017 in cui all’improvviso Dovi ha trovato l’interrutto­re delle vittorie, ne ha ottenute 6, è rimasto in corsa per il titolo fino all’ultimo e ha anche distolto molte attenzioni dalle difficoltà che nel frattempo attraversa­va il suo blasonatis­simo e pagatissim­o compagno Jorge Lorenzo. Evitando forse anche qualche critica a chi tanto fortemente aveva voluto lo spagnolo in Ducati. Non nasconde, Dovi, che nel corso della contrattaz­ione ci siano stati momenti in cui: «La testa è andata altrove, in cui ci siamo allontanat­i. Ma non è così anomalo, e non li ho vissuti male. In mezzo c’è stato il Qatar (dove ha vinto, n.d.r.), e posso dire che fino a Jerez ho preso il punteggio migliore che avrei potuto prendere. Anche a Jerez fino alla caduta stavo facendo il massimo possibile». Eppure, è inutile nasconderl­o, anche al di là della profession­alità e dei risultati, nel corso della trattativa «qualche condiziona­mento c’è stato, sarebbe stupido sostenere il contrario. Ma ho esperienza, e in quei momenti bisogna essere bravi a usarla».

SOCIO Di soldi e di compagni, si capisce, Andrea farebbe volentieri a meno di parlare. «Dico solo che la cifra che ho letto (circa sei milioni, n.d.r.) messa lì così non ha senso». Ci saranno cioè tante variabili, legate agli obiettivi, che determiner­anno i suoi guadagni. «Col contratto di prima se facevo dei risultati avevo bonus importanti ma di base valevo poco». Dice proprio così: «Valevo poco». «Adesso la situazione è completame­nte diversa». In quanto ai compagni: «Non sono mai stato uno che pone dei veti o che si mette di traverso su un nome. Ovviamente dico quel che penso, poi sta alla Ducati. So che i più probabili sono Petrucci e Miller, se però fosse Lorenzo per me no problem».

SERENITÀ L’importante adesso è ripartire. «La serenità paga sempre», come si è visto nelle libere. E con la consapevol­ezza che da qui al 2020 «abbiamo davanti tanto tempo, starà a noi sfruttarlo bene per provare a vincere». È una minaccia. Perché niente, non i soldi, non gli sviluppi tecnici, è tanto micidiale come può esserlo il tempo nelle mani di Dovizioso.

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