Datome&Melli d’autore Il Fenerbahce è in finale
●I due azzurri protagonisti del successo contro lo Zalgiris Kaunas Gigi: «È la terza di fila, meraviglioso». Nicolò: «Più intensi e più bravi»
Campioni si nasce. E loro, modestamente, lo nacquero. I principi dei canestri si chiamano Gigi Datome e Nicolò Melli. Se il Fenerbahce Istanbul domani potrà difendere il titolo europeo lo deve in buona parte alla coppia azzurra. E a un turco, solo di passaporto, Ali Muhammed, meglio noto come Bobby Dixon, di trevigiana e brindisina memoria. Per la Cenerentola Zalgiris mezzanotte scocca alla Stark Arena, di fatto l’Ulker Arena trapiantata a Belgrado, con la salita in massa nella capitale serba del popolo gialloblù, una marea che ha fatto sembrare piccolo piccolo lo spicchio pur nutrito di lituani.
AVVIO Tre mattoni, e non in termine cestistico, quelli per costruire la terza semifinale vinta consecutivamente. Il primo lo ha messo Gigione, con un avvio fulminante appena entrato in campo a 2’ dalla fine del primo quarto. In 12’ filati da lì alla pausa, 12 punti con 5/6 al tiro. L’altro porta la firma del reggiano, debuttante tutt’altro che intimidito dalle Final Four. Giocatore totale, giocatori di squadra, lui e Datome. Nick ha chiuso con uno score da far invidia a tutti gli allenatori del mondo: 4 punti, 3 rimbalzi, 6 assist, 5 recuperi. «Ha fisicità e grandissima intelligenza – lo loda Gigi – doti che ne fanno un giocatore fondamentale per questa squadra». Ha ragione al 100%. Il terzo è stato tolto dalla fornace dalle mani roventi di Dixon: 14 punti nella ripresa, canestri pesantissimi, come i due a fine 3° quarto, quando lo Zalgiris era tornato da -13 a -2. O le due triple di fila in avvio del 4° per il nuovo +10 (62-42). Non poteva che essere suo anche quello della staffa a 2’ dalla fine.
INTENSI «Abbiamo vinto ed è questo che conta al di là delle prestazioni individuali – dice con modestia Melli –. Sapevamo che lo Zalgiris non avrebbe mai mollato, sono stati fedeli al tipo di squadra che si è vista durante tutta la stagione. Ma
noi siamo stati più intensi e un pelo più bravi». Già, un pelo, quanto è bastato. Alla fine la differenza l’ha fatta il talento. Come è normale che sia. Ma spingersi a dire che il maestro Obradovic abbia battuto l’allievo Jasikevicius è quasi un azzardo. Perché, coi mezzi (davvero pochini) a disposizione, i verdi dei balcani hanno disputato ancora una volta una partita da manuale dei giovani allenatori. La bravura sta nel continuare a fidarsi ciecamente del sistema, chiunque tu abbia davanti e qualsiasi sia la situazione all’interno della singola partita. Quando, dopo 5’, lo Zalgiris ancora non aveva un canestro su azione (0/7 e 2 perse), il Fener era solo a +6. Si è capito subito che nonostante la fatica a costruire buoni tiri, era solo questione di tempo. Ad ogni strappo dei campioni, replicava con un controparziale costruito con pazienza certosina. Poi arriva inevitabilmente il momento in cui la fatica ti annebbia la mente e le gambe si fanno pesanti. Le tre perse in fila (20 in totale) quando ancora c’era un briciolo di speranza, sono state una sentenza. «È la terza finale consecutiva – prosegue Datome –. È bello, un onore, qualcosa di meraviglioso. Ma non sono contento, mi ricordo bene cosa ho provato nel 2016 quando abbiamo perso e la differenza rispetto all’anno scorso». Già, tre di fila, come il Real dal 2013 al 2015, una in meno del Cska (‘06-09). Ma conta solo vincere. Manca l’ultimo passo, il più difficile. Ma se sei nato campione, sai di essere in grado di compierlo. E loro, modestamente, lo nacquero.