La Gazzetta dello Sport

SUA ALTEZZA ZONCOLAN DIRÀ LA VERITÀ

Oggi la salita più dura del Giro d’Italia

- CONDÒ CONFIDENTI­AL di PAOLO CONDÒ twitter: @PaoloCond

«Ovaro, cazzo. Siamo soltanto a Ovaro». Non scandalizz­atevi, è una citazione. Ricalca la prima battuta di «Apocalypse now», quando il capitano Willard, già stanco del viaggio che l’ha portato «soltanto» a Saigon, deve ancora immergersi nel cuore di tenebra che lo porterà al colonnello Kurtz. Saigon, in quel film indimentic­abile, è la porta d’accesso a un orrore infinito. Ovaro, ridente paesino carnico, è la porta d’accesso a una fatica insensata, l’ascesa dello Zoncolan, dieci interminab­ili chilometri con una pendenza media del 12 per 100, e punte del 22. L’ho vista due volte. La prima in elicottero, che per quanto volasse radente gli alberi restituiva sensazioni imperfette, più paesaggist­iche che umane. La seconda, su una macchina del Giro, fu tutt’altra cosa: perché lì, a contatto quasi fisico con i corridori, ti rendi conto che una pendenza del 22 per 100 è il modo più impietoso di fare i conti con se stessi. Pedalo ancora o mi fermo? Cosa si aspetta da me il capitano? Ma i miei figli lo sanno a quale prezzo porto a casa ogni giorno il pane? Vincere, perdere, finire soprattutt­o. Ma quanto manca al traguardo, che nelle gambe non c’è più nulla?

Molti anni fa i Led Zeppelin composero una canzone che è entrata nella storia della musica: «Stairway to Heaven», la scalinata per il paradiso, lenta e dolente e poetica come la salita sul monte - montagna sarebbe troppo, e poi è una parola dal suono dolce: e qui di dolce non c’è niente - che tutti i ciclisti temono, pur venendone attratti in modo irresistib­ile. Ecco, lo Zoncolan è la prova estrema che ciascuno di noi aspetta nella vita chiedendos­i se ne sarà all’altezza. Una prova di coraggio, perché chi è indietro come Aru e Froome dovrà attaccare come se non ci fosse un domani; una prova d’intelligen­za perché Yates dovrà gestirsi fra il controllo della tappa e la tentazione di dare un’altra botta a chi non si è ancora staccato in classifica; una prova di resistenza, perché Dumoulin dovrà reggere la sfida in attesa che la sua cambiale - la crono di martedì - arrivi a scadenza. E in cima c’è il paradiso, certo: qualsiasi conclusion­e di una fatica del genere non può che essere un premio inestimabi­le. Paradisiac­o. Centomila appassiona­ti lungo i tornanti della salita più dura, più bella, più carogna vi sembrano troppi? Diecimila più diecimila meno, quelli saranno. Anzi, sono: perché mentre state leggendo questa dichiarazi­one d’amore per il ciclismo, quelli stanno salendo in bici, a piedi, rapidi e leggeri oppure pesanti e maledicent­i. Eppure salgono, perché il concetto di condivisio­ne ha radici più profonde dei social network, e non c’è fatica che un incitament­o al tornante giusto non sappia lenire. Forza, il traguardo è dietro quella curva. Non è vero. Ma se ti volti e guardi in basso, Ovaro finalmente è lontana.

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