L’EREDITÀ DEL CAPITANO
La lettera di Buffon ai tifosi
Ci sono vari modi per dirsi addio. C’è chi saluta e non si volta più indietro, chi manda un laconico sms con le faccine, un WhatsApp audio... Gigi Buffon ha preso carta e penna e ha scritto una lettera poetica, come un testamento del capitano, imbucata nella cassetta dei sogni del popolo bianconero. Trenta righe ben scritte, con il ritmo poetico di chi vuole lasciare un testo importante. Anche se l’incipit è un numero: 6111. Sono i giorni che il portiere più grande dell’era moderna ha passato in bianconero. «Seimilacentoundici giorni. Seimilacentoundici attimi di pura passione...», scrive Buffon e giocando coi quegli stessi numeri si può anche leggere sei (6) stato tre volte il numero uno (111): per la Juve, per la Nazionale e per i tifosi.
Gigi ha postato la sua lettera su Instagram, accanto alla sua foto commossa con le manone che salutano. E tra quelle righe si può leggere l’uomo e il campione che si ritrovano a un incrocio della vita e provano insieme a svoltare. È la lettera, orgogliosamente romantica, di un uomo abituato a fare il duro e a mettersi sulle sue spalle larghe tonnellate di responsabilità, ma che poi si commuove per un ricordo e non si vergogna di piangere in campo, come a San Siro, dopo lo 0-0 con la Svezia che aveva sbriciolato il suo ultimo sogno mondiale. L’avventura azzurra meritava un altro finale di partita, ma il suo addio resta quello di un gigante dello sport italiano: scudetto e Coppa Italia sono gli ultimi titoli di coda di un film da Oscar che si appare irripetibile.
Lui però parla di libri: «Termina un libro che abbiano scritto insieme. L’emozione è tanta. Troppa. Comincerà inevitabilmente un percorso nuovo. Un libro nuovo...». Il suo periodare asciutto, fatto di frasi secche e tanti punti è molto moderno. La passione che cerca di trasferire con le parole è invece antichissima. Senza tempo. Sì, perché Buffon è così, un moderno tradizionalista. È come Francesco Totti, che un anno fa lasciò il calcio con una lunga lettera altrettanto «calda» e ieri sulla Gazzetta, ha messo in parole una carezza per Gigi.
Buffon si toglie ogni maschera, ogni mantello da Superman per raccontarci le titubanze di chi si appresta a imboccare strade nuove: «Un libro nuovo. Deve Cominciare. Per me che imparerò a guardare il futuro con occhi diversi. Che inizierò a raccogliere le sfide che la vita mi proporrà con la curiosità di chi non vuole smettere di sentirsi in gioco. E che sentirò il sano timore di chi di sfide ne ha vissute tante, a volte vinte, molte altre perse». E sembra di sentire il suo vocione commosso quando scrive. «Sono arrivato allo stadio in bicicletta. Ero tanto giovane... E vorrei metaforicamente allontanarmi a piedi per poter assaporare ogni istante, sentire la fatica del distacco».
La poetica lettera di Buffon ha un indirizzo dichiarato: i tifosi bianconeri. Un popolo immenso che ieri lo ha ricambiato con migliaia di messaggi al miele. Sono quelli che oggi saranno allo Stadium per salutare il numero 1 della leggenda Juve con lo spirito di stima e ammirazione che avevano gli studenti del professor John Keating nel film «L’Attimo Fuggente». Anche loro saliranno, idealmente, sulle sedie e sui banchi urlando a gran voce «O capitano, mio capitano». Tutto lì, allo Stadium che Gigi considera «la mia casa», davanti a compagni, amici e tifosi che considera «FRATELLI».
Caro Gigi, dovunque tu porterai le tue manone (in un grande club d’Europa o nella squadra dei dirigenti bianconeri di Andrea Agnelli) sappi che alla Juve e al calcio italiano manchi già.