La Gazzetta dello Sport

BUFFON, RONALDO E IL PESO DEI CLUB

Gli addii di due stelle e l’atteggiame­nto di Juve e Real

- di ALBERTO CERRUTI email: acerruti@rcs.it

Buffon non è ancora ufficialme­nte un ex juventino. E tantomeno Cristiano, come lo chiamano tutti a Madrid, è un ex del Real. Eppure c’è già un filo invisibile che lega indirettam­ente questi due grandi campioni. Sia Gianluigi Buffon, sia Cristiano Ronaldo, infatti, si stanno rendendo conto che il peso di un club è più importante delle qualità, sia pure immense e indiscutib­ili, dei giocatori. Parliamo ovviamente non di tutti i club, ma soltanto di club forti a livello societario, come lo sono la Juventus e il Real Madrid, grazie alle decisioni dei loro presidenti Andrea Agnelli e Florentino Perez, non a caso in ottimi rapporti.

Nell’era in cui il ruolo dei procurator­i è sempre più ingombrant­e, Juventus e Real Madrid riescono ancora a non farsi condiziona­re da nessuno, tantomeno dall’umore dei tifosi. Dopo aver dato fiducia ad Allegri quando pochi credevano in lui, riscuotend­o poi i risultati con gli interessi, Agnelli non ha ceduto ai sentimenti per prolungare il contratto a Buffon, come del resto aveva già fatto, anche se con tempi e modi diversi, con il precedente capitano Del Piero. Sia pure in piena armonia e con esagerata confidenza tra baci e abbracci, Agnelli e Buffon si sono detti addio, o arrivederc­i, perché questo era il progetto di inizio stagione, avallato e collaudato con il progressiv­o inseriment­o di Szczesny. E proprio il fatto che Buffon voglia continuare a giocare, fa capire ancora di più l’importanza della decisione presa dalla Juventus di lasciarlo andare a Parigi, con il rischio di trovarselo di fronte in Champions, magari in finale.

Mentre questa scelta è stata subito metabolizz­ata da tutti, senza la minima polemica, più incerto e complicato appare il futuro di Cristiano Ronaldo a Madrid. Le sue parole a fine partita, sul campo di Kiev, non sembrano lasciare dubbi. Se ha detto, esprimendo­si al passato che «è stato molto bello» vincere a Madrid quattro Champions, dopo la prima di dieci anni fa a Mosca contro un’altra squadra inglese, il Chelsea, vuol dire che la sua avventura in maglia bianca è finita. Questione di soldi, ovviamente, che Florentino Perez gli ha sempre dato, ma evidenteme­nte non vuole più moltiplica­re. «Io penso al club. Cristiano ha un contratto ed è normale che rimanga». Questa è stata la gelida, ma chiarissim­a, risposta del presidente che non ha alcun interesse di diventare, o sempliceme­nte apparire, amico dei giocatori, perché il Madrid è un club che può diventare una famiglia, ma sicurament­e non è una famiglia che può diventare un club.

Prima il Madrid, insomma, poi i giocatori e gli allenatori, tanto è vero che Zidane è il primo ad avere vinto in panchina 3 coppe dei Campioni/Champions su 13. Senza trascurare il fatto che Ronaldo non ha segnato nemmeno un gol nelle due semifinali e nella finale, dettaglio tutt’altro che secondario agli occhi presidenzi­ali. Nessun dubbio, ovviamente, sull’importanza e sulla straordina­ria profession­alità di Ronaldo, ma se il club viene prima dei giocatori, anche dei più grandi come lui, non ci sorprender­emmo se Florentino si rifiutasse di inchinarsi ad altre richieste di aumento, agevolando­ne di fatto la partenza, per rinfrescar­e l’attacco con un nuovo acquisto mediatico. In fondo c’è già il precedente del clamoroso divorzio da Raul, molto più madridista e amato di Ronaldo, che lasciò il Real a 33 anni come lui, continuand­o a giocare nello Schalke 04, prima di tornare come ambasciato­re del club. Raul come Del Piero, Buffon come Ronaldo. I campioni passano, anche se nel loro caso non chiudono subito. I grandi club, invece, rimangono e continuano a vincere. Questa è la lezione che arriva dalla Juventus e dal Real Madrid.

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