BUFFON, RONALDO E IL PESO DEI CLUB
Gli addii di due stelle e l’atteggiamento di Juve e Real
Buffon non è ancora ufficialmente un ex juventino. E tantomeno Cristiano, come lo chiamano tutti a Madrid, è un ex del Real. Eppure c’è già un filo invisibile che lega indirettamente questi due grandi campioni. Sia Gianluigi Buffon, sia Cristiano Ronaldo, infatti, si stanno rendendo conto che il peso di un club è più importante delle qualità, sia pure immense e indiscutibili, dei giocatori. Parliamo ovviamente non di tutti i club, ma soltanto di club forti a livello societario, come lo sono la Juventus e il Real Madrid, grazie alle decisioni dei loro presidenti Andrea Agnelli e Florentino Perez, non a caso in ottimi rapporti.
Nell’era in cui il ruolo dei procuratori è sempre più ingombrante, Juventus e Real Madrid riescono ancora a non farsi condizionare da nessuno, tantomeno dall’umore dei tifosi. Dopo aver dato fiducia ad Allegri quando pochi credevano in lui, riscuotendo poi i risultati con gli interessi, Agnelli non ha ceduto ai sentimenti per prolungare il contratto a Buffon, come del resto aveva già fatto, anche se con tempi e modi diversi, con il precedente capitano Del Piero. Sia pure in piena armonia e con esagerata confidenza tra baci e abbracci, Agnelli e Buffon si sono detti addio, o arrivederci, perché questo era il progetto di inizio stagione, avallato e collaudato con il progressivo inserimento di Szczesny. E proprio il fatto che Buffon voglia continuare a giocare, fa capire ancora di più l’importanza della decisione presa dalla Juventus di lasciarlo andare a Parigi, con il rischio di trovarselo di fronte in Champions, magari in finale.
Mentre questa scelta è stata subito metabolizzata da tutti, senza la minima polemica, più incerto e complicato appare il futuro di Cristiano Ronaldo a Madrid. Le sue parole a fine partita, sul campo di Kiev, non sembrano lasciare dubbi. Se ha detto, esprimendosi al passato che «è stato molto bello» vincere a Madrid quattro Champions, dopo la prima di dieci anni fa a Mosca contro un’altra squadra inglese, il Chelsea, vuol dire che la sua avventura in maglia bianca è finita. Questione di soldi, ovviamente, che Florentino Perez gli ha sempre dato, ma evidentemente non vuole più moltiplicare. «Io penso al club. Cristiano ha un contratto ed è normale che rimanga». Questa è stata la gelida, ma chiarissima, risposta del presidente che non ha alcun interesse di diventare, o semplicemente apparire, amico dei giocatori, perché il Madrid è un club che può diventare una famiglia, ma sicuramente non è una famiglia che può diventare un club.
Prima il Madrid, insomma, poi i giocatori e gli allenatori, tanto è vero che Zidane è il primo ad avere vinto in panchina 3 coppe dei Campioni/Champions su 13. Senza trascurare il fatto che Ronaldo non ha segnato nemmeno un gol nelle due semifinali e nella finale, dettaglio tutt’altro che secondario agli occhi presidenziali. Nessun dubbio, ovviamente, sull’importanza e sulla straordinaria professionalità di Ronaldo, ma se il club viene prima dei giocatori, anche dei più grandi come lui, non ci sorprenderemmo se Florentino si rifiutasse di inchinarsi ad altre richieste di aumento, agevolandone di fatto la partenza, per rinfrescare l’attacco con un nuovo acquisto mediatico. In fondo c’è già il precedente del clamoroso divorzio da Raul, molto più madridista e amato di Ronaldo, che lasciò il Real a 33 anni come lui, continuando a giocare nello Schalke 04, prima di tornare come ambasciatore del club. Raul come Del Piero, Buffon come Ronaldo. I campioni passano, anche se nel loro caso non chiudono subito. I grandi club, invece, rimangono e continuano a vincere. Questa è la lezione che arriva dalla Juventus e dal Real Madrid.