Superman Lopez «Tutto cominciò da una bici di ferro»
●Lo scalatore colombiano è il miglior giovane del Giro: «Ho lavorato nei campi per comprarmene una nuova»
«Es un avión? Es una ave? No es Supermán Lopez». Quando si dice: la personalità. Magari non vieni da Krypton, ma se ti presenti con questo fregio sulla bici al Giro d’Italia, e lo finisci sul podio con la maglia bianca di miglior giovane, sei un bullo o un fenomeno. Miguel Angel Lopez appartiene alla seconda categoria, senza essere «un aereo e nemmeno un uccello».
LE CADUTE Nel suo Paese intanto è diventato una celebrità. Abbracciato alla fidanzata Nathalia in diretta tv, è entrato in tutte le case colombiane. La sua comunque non è stata una favola, anzi. A Gerusalemme ha assaggiato l’asfalto nella ricognizione della crono; nella tappa di Santa Ninfa è finito sull’erba impostando male una curva. Poi, paso a paso, ha trovato fiducia e si è sentito sempre più forte. «È quello di cui aveva bisogno – racconta Giuseppe Martinelli, d.s. con 9 trionfi nei grandi giri –. Ha tribolato, poi è venuto fuori alla grande. Terzo dietro Froome e Dumoulin. Questo “ragazzino” può diventare un campione se impara a correre davanti e a dare fiducia alla squadra».
MUSCOLI E CERVELLO Vincitore due anni fa del Giro di Svizzera e della Milano-Torino, poi l’8° posto alla Vuelta 2017. In questa stagione ha centrato le tappe di Pampeago (Tour of the Alps) e Green Mountain (Oman). Lopez è uno scalatore potente, diverso dagli esili «escarabajos» alla Quintana. È scaltro, come dimostra la gestione del duello con Carapaz per la maglia bianca. Pur di conservarla ha fatto arrabbiare
Dumoulin scendendo dal Colle delle Finestre. «Rispetto Tom, ma dovevo correre così. Un giorno voglio essere come lui e Froome. E come Luis Leon Sanchez, un fratello maggiore che mi ha preso per mano. Senza di lui non ce l’avrei fatta».
COLTELLATE Miguel si è trasferito da poco da Cocentaina (nei pressi di Alicante) a Montecarlo. Ma appena può torna a Sogamoso, provincia di Boyacà, dove vivono i genitori Santiago e Marlene. Quarto di sette fratelli, ha cominciato all’inizio del 2011 con la mountain bike. «La prima bici era di ferro, pesante. Quando mio padre me la comprò ero felice, però dopo qualche mese gliene chiesi una da strada. La risposta non fu proprio positiva. “Hombre, se ne vuoi una nuova te la compri”. E io lo feci, con il guadagno di piccoli lavori nei campi». In mezzo la disavventura che gli è valsa l’ingombrante soprannome. «Un giorno due tizi mi aggredirono, volevano rubarmi la bici. Io mi difesi, loro scapparono». Miguel tornò a casa sanguinante, la gamba destra sfregiata dalle coltellate, ma la bici era con lui. Cinque giorni dopo vinse la tappa più tosta della Vuelta a Juventud sul monte Crucero. «E un giornalista che conosceva la storia iniziò a chiamarmi Supermán».
PANTANI E CUNEGO
Quando Quintana, primo colombiano della storia, vinceva il Giro d’Italia nel 2014, Lopez stabiliva il primo contatto con l’Europa. Maglia della selezione nazionale al Tour de l’Avenir e discreta compagnia. «C’era anche Gaviria. Non sapevo nulla del ciclismo. Era tutto nuovo». In questo periodo nascono i problemi al ginocchio che ancora oggi lo costringono ad allenamenti specifici, ma quell’esperienza è alla base del suo successo. Quanto a Nairo… «No, non gli somiglio. Ognuno ha il suo modo di correre». Il carattere abbonda. E la cosa piace parecchio ad Aleksandr Vinokourov, capo dell’Astana che in pochi anni ha perso Nibali e Aru. «Siamo ben oltre le aspettative. Ora Miguel deve migliorare: non mi preoccupa il fatto che cada spesso (per due volte ha danneggiato i denti, ndr), semmai il tempo che concede a cronometro. Troppo per vincere il Giro o il Tour». Di certo Lopez, 24 anni compiuti a febbraio, rappresenta un capitale. Il suo 3° posto – a 4’57” da Froome – riporta a imprese come quelle di Pantani, sul podio del Giro alla stessa età nel ‘94, e di Cunego, che il Giro lo fece suo a 23 anni. Nel frattempo Miguel affida i suoi progetti al cielo. Correrà San Sebastian e Burgos prima di schierarsi alla Vuelta. «Solo Dio sa se un giorno salirò sul gradino più alto. Decide lui qual è il destino di ognuno di noi, il mio era quello di correre». Volando come Superman.
«IL SOPRANNOME? 5 GIORNI DOPO UN ACCOLTELLAMENTO VINSI UNA CORSA»
MIGUEL ANGEL LOPEZ SULLA SUA DISAVVENTURA