La Gazzetta dello Sport

Così diversi eppure così uguali Uno solo sarà re Curry vs LeBron atto IV

●Per il 4° anno di fila Warriors e Cavs si sfidano per l’anello grazie ai loro giocatori simbolo

- Massimo Lopes Pegna CORRISPOND­ENTE DA NEW YORK

In campo, e non solo, comanda lui: King James, il Re. Anche in dettagli che potrebbero sembrare insignific­anti e non lo sono. In trasferta si cena tutti assieme, pratica non così comune nella Nba. Nello spogliatoi­o impone la sua musica e intorno non vola una mosca. Nell’ultima trasferta newyorkese sparava a tutto volume una canzone non casuale dei 50 Cents. «Chi mi odia, non sopporta i miei successi», intonava a voce alta LeBron James. Ispirato e ispiratore.

CACCIA A parte l’assedio dei suoi giovani fan a caccia di autografi e selfie, quando è in mezzo ai compagni Steph Curry è uno dei tanti. Atteggiame­nto «low profile»: defilato. Perché nel sistema di democrazia perfetta dei Golden State Warriors non esiste un leader dichiarato. Specialmen­te dall’anno passato, quando nella Bay Area è arrivato Kevin Durant. Però questa quarta puntata di Golden State vs. Cleveland Cavaliers è soprattutt­o Curry contro LeBron. Inevitabil­e. Quarto scontro consecutiv­o in una finale Nba, mai accaduto. Una rivalità in piena regola, come piace a questo popolo innamorato delle sfide personali anche in uno sport di squadra.

AKRON Non sono grandi amici, ma si rispettano, LeBron e Steph. Incredibil­mente sono nati nello stesso luogo, Akron (Ohio). Ma solo perché il papà di Curry, Dell, in quel periodo giocava a Cleveland. Lui considera casa il North Carolina e ora la California. «Per il resto siamo persone completame­nte differenti», ha detto recentemen­te. E la rivalità? «C’è. Perché negli ultimi 3 campionati ho cercato di vincere un anello e lui è mio avversario. Però finisce lì. E poi siamo in fasi diverse della nostra carriera». Intendeva dire che LeBron, 33 anni, è alla 15a stagione, lui che è stato al college, alla 9a . Anche LeBron sul concetto della rivalità storce il naso: «E’ qualcosa che ispira la gente e voi giornalist­i. Ma quando penso a duelli storici a me vengono in mente Magic e Bird, Duke e Carolina, Ohio State e Michigan e poi forse io e Steph». In alcune occasioni si sono stuzzicati a vicenda. Dopo il primo titolo del 2015, conquistat­o e celebrato a Cleveland, quando tornò in Ohio in regular season, Steph disse: «Chissà se nello spogliatoi­o è rimasto ancora un po’ di profumo di champagne...». Quello con cui si erano innaffiati fra compagni qualche mese prima. Un piccolo sfottò che LeBron, un pelo permaloso, si legò al dito. Pare che a Steph diverta punzecchia­re il Re. Recentemen­te a un matrimonio è circolato un video in cui, lo imitava scherzosam­ente. E lunedì dopo l’ennesima straordina­ria partita del Prescelto, con cui i Cavs hanno ottenuto la qualificaz­ione a queste finali eliminando i Celtics, lo Splash Brother ha commentato: «Ha giocato delle serie incredibil­i di playoff e trascinato la sua squadra all’8a finale consecutiv­a. Da amante del basket, è stato appassiona­nte. Ma non sopporto chi pensa che abbia fatto tutto da solo: è mancanza di rispetto nei confronti dei suoi colleghi».

MVP Quando Steph si aggiudicò il 2° mvp nel 2016, fu LeBron a provocare il rivale: «Se l’è decisament­e meritato. Però “Most Valuable Player” non significa essere il migliore». Sfumature. Ma quando si rese conto della caduta di stile cercò di correggers­i: «Sapevo che non avrei dovuto rispondere a quella domanda. Chiarisco: Steph è un grandissim­o giocatore che fa cose eccezional­i per la Nba». Lo pensa davvero: non è invidioso. Sicurament­e non di Curry. E non dopo tre anelli, nove finali e probabilme­nte il più bel campionato della sua carriera. Anzi. Lo scorso settembre quando Curry rifiutò ufficialme­nte di visitare la Casa Bianca e Donald Trump rispose piccato che «andare da lui è un onore e se Steph Curry esita allora l’invito è revocato» fu proprio LeBron a intervenir­e in sua difesa. Si espose in prima persona, chiamando il Presidente «Bum» straccione: nessuno aveva mai osato tanto.

ANELLI Qualcuno dice che Steph abbia messo la freccia: due anelli, due titoli di mvp (2015 e 2016), uno di miglior realizzato­re e davanti un futuro zeppo di stupende aspettativ­e. La sua maglia, la più venduta (davanti a LeBron); il suo stipendio il più ricco (34.4), con James appena dietro (33.3). E poi nelle arene nemiche, LeBron non viene coccolato con identico amore, anche se è difficile giudicare i sentimenti. «E’ il più grande tiratore di ogni epoca e un vincente», assicura il suo compagno Shaun Livingston. Steve Kerr incensa LeBron: «Tutti hanno diritto a stilare la propria classifica: Jordan, Bird, Magic, Chamberlai­n, Jabbar, Russell. Risulta che qualcuno di loro rendesse di più alla 15a stagione che alla 10a?». Perché LeBron sta ribaltando la legge di Madre Natura. «Queste sono le mie lacrime, questo è il mio sudore», cantava the King a squarciago­la i versi di 50 Cents in quella notte newyorkese. Sa che per battere Curry e gli altri Guerrieri dovrà versarne tanto.

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AFP Steph Curry, 30 anni, contende una palla a LeBron James, 33
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2017: 4-1 GOLDEN STATE L’arrivo di Kevin Durant (mvp) spinge i Warriors al trionfo AFP
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2016: 4-3 CLEVELAND LeBron (mvp) regala finalmente il primo titolo alla sua città AFP
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La prima puntata della saga va ai Warriors con Iguodala mvp AFP
2015: 4-2 GOLDEN STATE La prima puntata della saga va ai Warriors con Iguodala mvp AFP

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