La Gazzetta dello Sport

MI ASSUNSE PILERI DOPO UN TEST, CAPIROSSI ERA L’IDOLO DI DANILO

- PAPÀ PETRUCCI SULL’AMICO CAPIROSSI L’INTERVISTA di PAOLO IANIERI INVIATO A SCARPERIA (FIRENZE)

Danilone e Danilo Petrucci sono molto più di padre e figlio. Sono amici, complici, compagni di un’avventura romantica, emozionant­e e divertente, quanto faticosa per gli ostacoli affrontati. Anni di sforzi intensi e feroce determinaz­ione che stanno per essere premiati: quella Ducati ufficiale che Danilo si sta meritando in sella alla GP18 colorata Pramac. Alla vigilia del GP d’Italia, è lui il primo degli uomini rossi, 5°. E qui, dove un anno fa arrivò un favoloso 3° posto dietro Andrea Dovizioso e Maverick Viñales, questo ragazzo ternano dalla battuta micidiale domani proverà a fare l’ultimo passo che lo separa da Borgo Panigale. «La Ducati è parte della storia di famiglia – attacca Danilo senior, 61 anni -: non avendo i soldi per la macchina, papà andava a lavorare a Terni in moto. La prima fu un Morini 175 Settebello, ma poi ci fu una Ducati. Ero piccolo, il ricordo è appannato ma resta. Però a casa le moto sono state soprattutt­o con la ruota artigliata. Ho fatto trial ed enduro fino al matrimonio, poi a 33 anni ho scoperto la moto da strada. E mi si è aperto un nuovo mondo».

Che è diventato il suo lavoro.

«Ho iniziato con Pileri nel ’90. Lavoravo con mio suocero, ma un giorno mi chiesero se me la sentissi di guidare il camion fino a Jerez per i test Irta, che io manco sapevo cosa fossero. Al terzo giorno, dopo avermi visto pulire il camion, fare la spesa, preparare i panini, Pileri mi offrì un lavoro. E lì, con i due Mondiali di Loris Capirossi si è cominciato».

Danilo nacque quell’anno, è cresciuto a pane e motori.

«Aveva sei mesi, lo mettevano sul tavolo di mia suocera. Per farlo stare buono gli davano le riviste che giravano per casa. Lui gettava a terra Gente, Epoca o Tv Sorrisi e Canzoni, mentre Motosprint e Motociclis­mo li ordinava uno sopra l’altro».

La prima motina?

«Una lettera a Babbo Natale a 4 anni. La Beta faceva un trial monomarcia: il concession­ario ne aveva una lasciata da un bambino che dopo una caduta non ne voleva più sapere. Ma era ammaccata, e Babbo Natale poteva portare un regalo rovinato? Chiesi che ordinasse i pezzi, il 23 dicembre mi presentai da lui ma se n’era dimenticat­o. Mi fiondai alla sede di Rignano sull’Arno, spacciando­mi per un vettore del concession­ario. E il 25 Danilo ebbe il suo regalo».

Capirossi era di casa.

«Quando siamo andati al matrimonio di Giampiero Sacchi a Jerez, Danilo fece il viaggio in aereo sulle ginocchia di Loris. Era orgogliosi­ssimo, Loris era il suo idolo».

Gli inizi furono in cross.

«E poiché da noi non era la disciplina più praticata, mi misi a cercare un 85 usato nelle Marche. Quando tornavo a casa Danilo mi chiedeva se l’avessi trovato, finché un giorno si illuminò: “Vabbè, scriviamo a Babbo Natale, no?”. Francesco, suo fratello più piccolo di un anno, lo guardava scuotendo la testa».

Primo giorno di elementare: lei stabilì un record in camion da Barcellona a Terni.

«Avevo promesso a Danilo che ci sarei stato, e nel tempo ho imparato che di promesse devi farne pochissime, perché devi mantenerle. Mi ero scordato della data, quel weekend correvamo in Spagna, ma un impegno è un impegno. Misi a portata di mano un pacchetto di crackers, due frutti, una bottiglia d’acqua e via a testa bassa. Il primo caffè lo presi a Perugia, a Terni mollai il bilico con dentro la 500 di Barros, presi la bici da un amico e arrivai a scuola mentre Danilo stava per entrare. Sembrava andasse al patibolo perché non c’ero. Quando mi ha visto c’è stata una scena da libro Cuore».

Che rapporto c’è tra voi?

«Bello. Danilo è sempre stato di poche parole, però si fa capire. Alle elementari la maestra mi ripeteva “Danilo deve imparare a perdere”. Lui fa lo splendido, ma vedo che soffre. Viene a casa, prepara le moto e non dice una parola».

Si merita la Ducati ufficiale.

«Sì. Se non altro per l’impegno, la dedizione. Qui conta il marketing, le lobby che muovono determinat­e caselle, non certo l’impegno, i risultati. I primi contatti con la Ducati sono iniziati quando Danilo faceva la Stock 1000. Lui per venire al Mugello a sviluppare la Panigale prendeva la macchina sua, metteva la benzina e partiva. Non ha chiesto mai neanche 10 lire. Speravo che un manager avrebbe fatto salire le quotazioni, ma siamo ancora a un livello che per guadagnare quanto ha preso Lorenzo in 2 anni bisogna correrne 100. Ma lui ci tiene, è la sua passione. È un soldatino tedesco, non sgarra. A volte mi verrebbe da dirgli, “Danì, divertete un attimo”…».

Ha mai avuto paura che non ce la facesse?

«No, lui ha un carattere da combattent­e».

La prima volta in pista è una storia bellissima.

«Col cross eravamo alla fine, aveva il fisico ma non l’età per il

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