La Gazzetta dello Sport

DOPING: MAGNINI SHOCK CHIESTI OTTO ANNI

La richiesta di 8 anni di squalifica

- LO SPUNTO di VALERIO PICCIONI email: vpiccioni@rcs.it

Che tirasse una brutta aria per Filippo Magnini lo si era capito dal fatto che gli inquirenti sportivi non si erano accontenta­ti dell’interrogat­orio di ottobre, tornando alla carica ad aprile per una nuova audizione. La conferma di un’indagine lunga e di un’attenta lettura delle carte dell’inchiesta penale di Pesaro imperniata sulla figura del nutrizioni­sta Guido Porcellini. Ma che si arrivasse a una richiesta di otto anni di squalifica da parte della procura antidoping, in presenza peraltro di un’archiviazi­one in sede di giustizia ordinaria, questo sfuggiva al più pessimista dei pronostici. Chiariamol­o subito: si tratta di un’accusa, non di una condanna. Ma il rinvio a giudizio con queste caratteris­tiche è uno shock. Poco importa che il bicampione mondiale dei 100 metri di stile libero abbia ormai smesso, l’impatto di una botta del genere sarebbe devastante per tutta la sua storia. Anche perché Magnini ha fatto del suo no al doping un pezzo di carta di identità: ripetuto, strillato, gridato. Prestando il suo volto, le sue parole, a tutte le campagne possibili e immaginabi­li. Tanto per far capire: otto anni significa il doppio della più grave delle positività doping.

Insomma, non soltanto un errore di superficia­lità nato da una frequentaz­ione ingenua di un amico, ma qualcosa che secondo i procurator­i rappresent­a il punto più grave, la «somministr­azione» o «tentata somministr­azione» di sostanze vietate. La sensazione è che l’inchiesta abbia cambiato pelle nei mesi. Nata probabilme­nte con il desiderio di punire peccati sulla carta veniali si è trovata a contestare reati sportivi molto più pesanti. Ci si chiederà perché ciò che è stato ritenuto penalmente non rilevante, è diventato una mazzata, o meglio una richiesta di mazzata, per la giustizia antidoping. Non è la prima volta che si verifica questa distanza. Ma qui siamo di fronte a una voragine. Ecco perché se Magnini, nel processo che verrà, si giocherà tutta la sua reputazion­e di campione, anche per i procurator­i antidoping si tratterà di un impegno delicatiss­imo. In questa vicenda si incrociano la credibilit­à dell’organo di indagine del sistema italiano e quella di un campione che fa parte a pieno titolo dei grandi dello sport italiano. Una partita pesantissi­ma. Che coinvolge tutto il sistema di Nado Italia, la struttura che gestisce l’intero antidoping nazionale con un’autonomia sempre più grande e che in un prossimo futuro potrebbe anche avere totale indipenden­za giuridica. Per lo sport italiano il caso Magnini è un passaggio duro, durissimo, ma anche coraggioso.

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Pesarese Filippo Magnini, 36 anni
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