La Gazzetta dello Sport

NOSTALGIA DI BAGGIO E DEGLI ANNI NOVANTA

L’Italia di Mancini e quelle del passato

- TEMPI SUPPLEMENT­ARI di ALBERTO CERRUTI email: acerruti@rcs.it

Sta per incomincia­re il Mondiale senza l’Italia e allora penso ai talenti che sfornavamo dalla fine degli Anni 80 sino ai primi Anni 2000, quando avevamo un certo Baggio con una classe cristallin­a, una fantasia eccezional­e, in grado di fare quello che voleva col pallone. Eppure molti allenatori non lo ritenevano adatto ai loro schemi. Come non ricordare Ulivieri che lo tenne in panchina al Bologna, le altre panchine all’Inter, le esclusioni in Nazionale. Credo che oggi persino gli estimatori di Sacchi, che dava maggiore importanza agli schemi che agli uomini, farebbero la firma per avere Baggio anche, e forse soprattutt­o, in campo europeo. Gianluca Valotti, Botticino Sera (Brescia)

L’unica magra consolazio­ne, pensando a questo mese mondiale senza l’Italia, è che passerà in fretta. Finita la festa degli altri, ci ritufferem­o nelle amichevoli estive, aspettando il campionato e le Coppe, con la speranza che non ci tocchi più un’astinenza simile. Ben venga l’ottimismo, alimentato dall’entusiasmo del neo c.t. Mancini, ma basta paragonare i nomi dei convocati per le prime tre amichevoli della sua gestione, con quelli di vent’anni fa, per capire perché la ricostruzi­one della Nazionale è meno semplice di quanto si creda.

Come ricorda con nostalgia il signor Valotti, è stato discusso Baggio, Pallone d’oro nel 1993, grande protagonis­ta nelle «notti magiche» di Italia 90, determinan­te nel Mondiale del 1994, quando soltanto le sue prodezze ci consentiro­no di arrivare alla finale, poi persa ai rigori contro il Brasile. Da Vicini a Sacchi, fino al suo ultimo c.t. Cesare Maldini, che lo convocò per il Mondiale del ’98 in Francia, Baggio ha alimentato i nostri sogni azzurri e spesso anche le discussion­i in tutti i bar d’Italia. E’ vero che per molti allenatori costituiva un problema tattico e per Trapattoni, che non lo convocò per il mondiale del 2002, anche un problema atletico. Ma soprattutt­o è vero che Baggio è stato il simbolo di un’epoca straordina­riamente ricca di campioni, non di semplici talenti come vengono definiti gli azzurri di oggi.

Non a caso, dopo Paolo Rossi altro Pallone d’oro come lui, Baggio in novembre entrerà nella Hall of Fame del Messico, votato da una giuria internazio­nale come miglior giocatore europeo degli Anni Novanta. E pazienza se, al contrario di Pablito, non ha vinto un Mondiale. Paradossal­mente i suoi riconoscim­enti valgono ancora di più, perché a quei tempi la concorrenz­a era tremenda. Per rendere l’idea, papà Maldini fu accusato di avergli preferito inizialmen­te Del Piero, nella decisiva sfida dei quarti contro la Francia, persa ai rigori. Una staffetta discutibil­e fin che si vuole, che testimonia­va però l’altissima qualità di quella generazion­e. E infatti, da Maldini a Zoff, cambiando i c.t. la qualità non scese. Anzi. Ribadita la staffetta Del Piero-Baggio al suo esordio vincente contro il Galles, Zoff nella seconda partita, con identico 2-0 contro la Svizzera, fece debuttare Totti, che entrò proprio al posto di Del Piero, dopo la sua doppietta.

Baggio, Del Piero e Totti. Questi erano i campioni che Mancini non ha. E lui è il primo a rendersene conto, perché ai suoi tempi non giocò nemmeno un minuto a Italia 90, chiuso proprio da Baggio, preferendo quindi rinunciare a Usa 94 per evitare di fare la riserva non soltanto di Baggio ma anche di Zola. Oggi, invece, Mancini sarebbe titolariss­imo in Nazionale, con qualsiasi c.t.. Ecco perché, non potendo convocare campioni con la sua classe, merita un doppio «in bocca al lupo».

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