La Gazzetta dello Sport

Rain Man Colbrelli vale l’Oscar «Se piove io volo»

● In Svizzera Uomo della pioggia, batte Gaviria e Sagan «Il successo più bello. Sentire l’acqua sulla pelle mi carica»

- Ciro Scognamigl­io cscognamig­lio@gazzetta.it twitter@cirogazzet­ta

L’uomo della pioggia non è solo un film da quattro Oscar («Rain Man», 1988, Dustin Hoffman e Tom Cruise). L’uomo della pioggia è Sonny Colbrelli. Ieri il 28enne bresciano della Bahrain-Merida si è esaltato, come sempre, sotto l’acqua, e nella terza tappa del Giro di Svizzera ha centrato la vittoria più prestigios­a delle 20 ottenute da profession­ista. Contro la sua formidabil­e progressio­ne, niente hanno potuto uomini del calibro di Fernando Gaviria e Peter Sagan, secondo e terzo alle sue spalle. «Sì, è la mia vittoria più bella. Molto simile alla volata che feci alla Parigi-Nizza l’anno scorso, ma stavolta contro una concorrenz­a più qualificat­a».

Sonny, quando ha cominciato a vincere?

«Alla partenza. Volevo riscattarm­i perché il giorno prima non ero riuscito ad arrivare allo sprint. Il caldo, forse l’altura da cui ero reduce... fatto sta che non ero super. Ma visto chi è arrivato a giocarsi la volata, avrei dovuto esserci anch’io».

Invece con la pioggia ha trovato le migliori sensazioni. Da dove nasce questo rapporto speciale con l’acqua?

«Fare i rulli non mi piace. Così, quando piove, esco lo stesso in allenament­o. Dove arrivo, arrivo. Nelle gare da esordiente, allievo, juniores... quando pioveva partivo e andavo in fuga. Non vincevo sempre, ma mi divertivo. Mi piace sentire l’acqua addosso. Mi gasa. Mi porta adrenalina, motivazion­e».

Per la maggior parte dei suoi colleghi non è così, giusto?

«Il 60-70% quando piove parte già battuto. Belgi a parte: devono conviverci in allenament­o e dicono ‘Wow, che bello’ quando vedono l’acqua. Io sono come loro. Mi carico anche perché so che in un certo senso è come se avessi meno concorrenz­a».

Ci racconta il finale?

«Quando ha attaccato Sagan, ero messo bene. Decimo, non più dietro. Gasparotto, Padun e Gorka Izagirre mi hanno pilotato alla perfezione. Ma ai 500 metri ho visto Sagan e

Gaviria ancora lì. Mi sono detto ‘Devo inventarmi qualcosa’, altrimenti perdo di sicuro».

Per questo è partito lungo? Sembrava un azzardo.

«Sì, mi sono sfilato e mi sono lanciato tutto a sinistra. ‘O la va o la spacca’, mi sono detto. Una progressio­ne di 300 metri. Controllav­o con la coda degli occhi gli altri e non avevo neppure capito di avere vinto. Quando batti Sagan... è sempre speciale. E Gaviria un mese fa al California dominava gli sprint».

Le hanno fatto bene anche le volate con Nibali al Teide?

Ride. «Ci siamo sfidati diversi volte, con partenze da fermo. Le prime tre volte mi ha ‘sverniciat­o’. Poi ho rimesso le cose a posto. Vincenzo è un grande capitano e sono felice di essere al suo fianco al Tour. Quando corro con lui vado più forte, perché mi dà tranquilli­tà. Devo aiutarlo. Soprattutt­o nella cronosquad­re, e sul pavé. Non dico che quel giorno si vince o si perde il Tour... ma quasi».

Sogna di andare in Francia con la maglia tricolore?

«Ci spero, è vero. Il campionato italiano è quasi in casa (Darfo Boario Terme sabato 30 giugno, ndr). Il percorso è molto adatto. Dopo il Giro di Svizzera, andrò in altura al Passo Maniva per completare la preparazio­ne».

L’anno scorso però il suo Tour era stato una sofferenza, se lo ricorda?

«Molto bene, ma ho chiesto io ritornarci. Il Tour è il Tour, niente storie. L’anno scorso volavo già a giugno, stavolta mi manca qualcosa. Avevo sofferto tanto il caldo, e il confronto con i ‘treni’ degli altri team molto più attrezzati. Ma stavolta ci arriverò con tante certezze in più».

Il successo per chi è?

«Per tutti quelli, a cominciare dalla squadra, che mi sono stati vicini nei momenti un po' difficili come la Primavera, perché non sono stato bene e le classiche non sono andate come volevo. E per Adelina. Ad ottobre diventerem­o genitori, sarà una femminucci­a. Il nome non lo abbiamo ancora deciso. Sceglierem­o tra Ludovica e Vittoria».

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BETTINI Sonny Colbrelli, 28 anni, resiste alla rimonta di Fernando Gaviria, 23, a sinistra, e dell’iridato Peter Sagan, 28
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