Il p.m.: «Di Gregorio non è leale Toglietegli la licenza da ciclista»
●Per la prima volta, un magistrato chiede l’interdizione dalla professione di corridore «Ha offeso il Tour». I fatti risalgono al 2012
«Remy Di Gregorio non è un atleta virtuoso, animato dalla volontà di vincere lealmente. Di Gregorio ha messo in cattiva luce l’etica di quel monumento sportivo che si chiama Tour de France». Parole come pietre, quelle pronunciate dal procuratore del tribunale di Marsiglia, Franck Lagier, nei confronti del 32enne francese. E pesante la richiesta di pena: un anno di prigione con la condizionale e l’interdizione definitiva all’esercizio della professionista del ciclista. È questo secondo aspetto che colpisce: per la prima volta, un p.m. dice di non considerare un ciclista «degno», eticamente, di svolgere il proprio lavoro. I fatti sono del 2012: Di Gregorio, allora alla Cofidis, era accusato di detenere del materiale dopante.
PARADOSSO Il paradosso è, che nel frattempo, Di Gregorio è stato «pizzicato» anche dall’antidoping: è successo quest’anno, l’8 marzo alla ParigiNizza. Tesserato per la DelkoMarseille, 4 successi in tutto da pro’, Di Gregorio (che aveva annunciato il ritiro per la fine del 2017, salvo ripensarci) era stato trovato positivo all’Epo ricombinante. Lui ha negato, è provvisoriamente sospeso, la procedura è in corso. Mentre nella vicenda del 2012 — sostiene l’accusa — i comportamenti di Di Gregorio lasciavano «trasparire la volontà di doparsi attraverso l’autotrasfusione di sangue arricchito con l’ozono». Oltre «all’avvenuto acquisto in farmacia di glucosio, che può servire da coprente per altre sostanze dopanti». La Cofidis lo aveva licenziato adducendo la giusta causa, ma Di Gregorio si era rivolto a un Tribunale e aveva avuto ragione. Il tutto fino alle parole di Lagier: il giudizio sarà il 2 luglio.