Brasile attacco al mondo
La Seleçao del jogo bonito prepara a Sochi la sfida a Messi e CR7
«Non conosco i limiti di Neymar. Le sue capacità tecniche e creative sono impressionanti. Se si trova nell’ultimo terzo di campo è letale». Il Brasile è atterrato ieri a Sochi, Mar Nero, e il c.t. Tite ha mostrato la sua ammirazione per il numero 10, tornato dopo oltre 3 mesi in campo. Con l’Austria domenica O Ney non solo ha segnato ma ha dato spettacolo. Così come la Formula 4 verdeoro, con Coutinho, Willian, Neymar e Gabriel Jesus tutti insieme contemporaneamente. Un 4-2-3-1 dove Coutinho agisce da trequartista, scambiandosi di frequente il ruolo con i compagni, tanto da ricordare il 4-2-4 di antica memoria.
JOGO BONITO Sì, quando la Canarinha di Feola, 1958, copiando il San Paolo di Guttmann, osò l’inosabile schierando tutti insieme Garrincha, Vavà, Pelé e Zagalo con questi a fare da spola a sinistra e a coprire. Tite domenica ha messo le mani avanti: ok al jogo bonito ma, ha precisato, non è detto poi che i Fantastici 4 siano sempre in campo. Perché dipende dai rivali, non tutti sono malleabili come l’Austria e di certo serviranno anche i tre mediani: Paulinho, Casemiro e Fernandinho. Meno cerebro, più concretezza.
REI Anche Pelé in questi giorni ha detto la sua. Complimenti a Neymar, «individualmente abbiamo ottimi giocatori, ma ancora non siamo una squadra. E il più grande Brasile di sempre resta quello del 1970 - ha aggiunto O Rei - con Jairzinho, Tostão, Rivelino, Gerson e me». Quello dei 5 numeri 10, dove Gerson, regista del Botafogo e del San Paolo, si sacrificava in mediana con Clodoaldo. «Funzionò perché trascorremmo tanti mesi insieme», ha detto O Rei. E alla Gazzetta l’anno scorso Gerson diceva: «Aggiravamo la marcatura scambiandoci di posizione e facendo molto movimento. Eravamo bravi sì, ma molto organizzati. Nel 1958 però la squadra era più ricca di talenti». C’erano Garrincha, alegria do povo, e Vavà, oltre al giovane Pelé e Zagalo, che dopo aver bissato l’oro nel ’62, guiderà il Brasile al trionfo dalla panchina nel ’70.
BRASILE VERO Neymar intanto non si pone limiti: «Stiamo sognando sempre di più. Sognare non è proibito», ha detto dopo l’Austria. «Dobbiamo avere fiducia, sono tornato a muovermi tanto e sono soddisfatto». I media , su tutti Globoesporte, hanno celebrato questo nuovo Brasile iperoffensivo. L’uomo chiave è Coutinho: se riesce a fare le due fasi e dar man forte dietro può convincere Tite a tenerlo dentro. Senza però perdere la sua abilità ad allargarsi, portare via l’uomo, e di colpo accentrarsi
per sparare. Se al suo posto c’è Fernandinho, la Seleção è più coperta ma i 3 davanti si muovono poco e creano minori chance. Certo, se si pensa al Brasile di 4 anni fa e a quello di oggi la torcida può essere ben più fiduciosa. Accanto a Ney nel 2014 c’erano Hulk e Fred del Fluminense. Oggi da Gabriel Jesus a Firmino, splendido a Liverpool, da Willian a Cou i partner d’attacco di Ney appaiono ben più qualificati.
RONIE INSEGNA Anche il Brasile del Fenomeno, nel 2002, aveva almeno 3 uomini molto offensivi: oltre all’interista Ronaldo, Rivaldo e Ronaldinho, stella nascente allora ancora al Psg. Tre che di tornare a difendere non ne volevano sapere. Così Scolari si era coperto con Gilberto Silva e Kleberson, lasciando a Cafu e Roberto Carlos in fascia il compito di alimentare le offensive in un innovativo 34-2-1 o 3-4-1-2, con una difesa che si chiudeva a 5 all’occorrenza. Insomma, tutti i Brasile trionfatori sono stati votati all’attacco tranne uno dei più brutti di sempre, quello del 1994 di Parreira, che nascondendosi dietro al 4-22-2 in realtà abbandonò davanti Romario e Bebeto, preferendo lasciare in panchina Rai per il roccioso Mazinho. Brasile contro natura. Che non si vuole più rivedere.
LO SCENARIO L’uomo base resta Coutinho: se riesce a fare le due fasi può convincere il c.t.
Se serve coprirsi c’è Fernandinho e i tre mediani con Casemiro e Paulinho