Disarmata rossa La Russia per l’onore e per far contento Putin
●I padroni di casa, da tempo in crisi di risultati e di uomini, sfidano a Mosca l’Arabia Saudita. Il presidente: «Dobbiamo giocare con dignità»
La Russia non vince da sette partite ed è all’ultimo posto nel ranking Fifa fra le 32 iscritte al Mondiale. Peggio di tutti, posizione numero 70, anche dell’Arabia Saudita (67) che incontra oggi nell’inaugurazione del torneo. Allora forse è meglio buttarla sul ridere, come racconta l’allenatore Stanislav Cherchesov, rispondendo ad alcune ironie sulla sua squadra: «Se il paese vuole sostenerci e imitarci, i tifosi potrebbero venire allo stadio con i baffi come i miei». Cherchesov cerca di non prendersi troppo sul serio. La gente non si aspetta il titolo, non c’è l’opprimente tensione che schiacciava il Brasile 4 anni fa. Però sono i giorni dell’orgoglio sbandierato in tutti gli angoli e non ci si può presentare con una banda pallida e rassegnata. «Ci aspettiamo di vedere una squadra che giochi con dignità, che lotti fino alla fine, con un calcio divertente e moderno», ha ordinato Vladimir Putin. Provate a contraddirlo.
DELUSIONI La nazionale russa con tutta probabilità è alla coppa soltanto perché la organizza. Un anno fa, per lo stesso motivo, partecipò alla Confederations Cup: non superò i gironi, riuscì a vincere soltanto contro la Nuova Zelanda. Anche all’Europeo 2016 uscì subito e ci fu una petizione online per sciogliere la nazionale. Una provocazione, chiaro, cliccata però da più di un milione di persone. Nel 2014 in Brasile, nonostante la mano di Fabio Capello, altra presenza senza raggiungere gli ottavi. In Sudafrica nemmeno si era qualificata e l’Europeo di dieci anni fa è stata l’ultima sensazione di gloria: i russi salirono fino alla semifinale, fermati dalla Spagna poi campione. Un passato troppo lontano.
LA RICERCA Adesso si cercano prima i risultati e poi gli eroi, se arrivassero insieme sarebbe il massimo. E’ naturale che risalti un poster gigante di Lev Jashin mentre si tuffa, sul fondo di una carrozza della metro. Perché il mezzo pubblico è quasi d’obbligo, quindi in tanti vedono ora quell’immagine nostalgica del portiere Anni 60. Non più dei racconti su Oleg Salenko, l’unico capocannoniere della fase finale del Mondiale che non abbia superato la prima fase. Successe nel ’94 e l’attaccante rimase famoso per il record ancora imbattuto dei cinque gol in una sola gara, Russia-Camerun 6-1. Ma la gloria passò in fretta: nel dopo carriera, anche un tentativo di riciclarsi con il beach soccer, non in Brasile ma in Ucraina; oppure la sbandierata asta per vendere la Scarpa d’oro simbolo del capocannoniere del Mondiale. Disse che aveva problemi economici e che gli avevano offerto mezzo milione di dollari dagli Emirati Arabi. Mah.
RISCATTO Arabi sono anche gli avversari di oggi, al Luzhniki lucidato per la mondovisione. Juan Antonio Pizzi, allenatore dei sauditi, l’estate scorsa poteva ripartire dalla Russia con la Confederations Cup, ma il suo Cile venne stirato in finale dalla Germania sperimentale. Cherchesov guardava dalla tribuna il suo allenatore dei tempi del Tirol Innsbruck, Joachim Löw. E lo invidiava con affetto. «Abbiamo lo stesso mal di testa per le scelte di formazione: ma lui perché ha troppi campioni, io perché ne ho troppo pochi».