«Armani trasmette la cultura del lavoro Dedicato a lui»
●Pianigiani ringrazia il patron. Goudelock, mvp in lacrime: «Ci tenevo da morire, sognavo questo scudetto». Il presidente Proli: «Un punto di partenza, il titolo più bello»
UN ANNO FA PROMISI AI TIFOSI LO SCUDETTO: È ARRIVATO
IN COPPA ITALIA ABBIAMO TOCCATO IL FONDO, MA NON SIAMO CROLLATI
ANDREA CINCIARINI CAPITANO MILANO
Tenera è la notte che sgorga dall’abbraccio infinito tra Simone Pianigiani e il suo staff. E quello tra Livio Proli e Curtis Jerrells, abbonato al tricolore con Milano: «Quando sono tornato l’ho promesso al presidente e a tutti i tifosi. Missione compiuta», mentre Andrew Goudelock, mvp delle finali, sul palco per ritirare la targa con tutta la famiglia, ha il volto rigato dalle lacrime: «Incredibile, non riesco quasi a crederci. Ci tenevo da morire, ho sognato questo scudetto». Che, probabilmente, gli varrà la permanenza a Milano, verso cui squaderna parole al miele: «Amo la città e il club, vorrei rimanere». La risposta di Proli pare incoraggiante: «E noi cercheremo di tenerlo».
FESTA Ma il futuro può aspettare. Ora la festa. Al Forum, oggi pomeriggio, con i tifosi. Milano intasca il grande obiettivo, accreditando un progetto che già emette i primi vincenti vagiti, dopo una stagione comunque non facile. È il terzo titolo dell’era Armani, il settimo trofeo griffato dallo stilista, il sesto tricolore di Pianigiani, il primo all’Emporio. Numeri che sunteggiano, nell’immaginario dei protagonisti, l’incipit di una nuova era e non un saldo pregresso da sbandierare. «Sì – precisa Proli, numero uno del club – questo è un punto di partenza e, per me, l’ultimo resta sempre lo scudetto più bello. È il terzo della nostra gestione, con tre cicli diversi. Lo dedichiamo al signor Armani e ai nostri tifosi con cui speriamo di esserci sdebitati. Ma il mio pensiero va anche ai giocatori e a tutto lo staff tecnico. E a Simone Pianigiani che ha dimostrato di avere due attributi grossi così...». Un matrimonio non facile, in effetti, quello tra l’Olimpia e l’ex nemico. Che ha dovuto superare non solo gli avversari in campo, ma pure pregiudizio e diffidenza. Alla fine ha avuto ragione lui: «Non ho mai perso una finale, ma prima o poi succederà – dice –. Intanto questo è lo scudetto del signor Armani e di Livio Proli, perché ci trasmettono una cultura del lavoro che non è legata a un pallone che va dentro o fuori da un canestro. Qui c’è una visione che va oltre e che ti fa crescere. Sono strafelice per i tifosi e per la mia squadra, per come è arrivata ai playoff, per lo spirito e la partecipazione collettiva. Un pensiero speciale infine va ai miei assistenti».
LUCE Sfiancato, spossato, quasi in lacrime capitan Cinciarini, che un posticino nel pantheon biancorosso comincia a ritagliarselo. Secondo scudetto, sesto trofeo in maglia Olimpia. Medaglie cucite al petto che brillano di una luce particolare, perché quasi tutte conquistate da graduato nel club più titolato d’Italia. Un eletto, insomma, visti i predecessori: «Questo è il tricolore della fatica e di chi ha avuto il fegato di combattere sempre. Dopo la Coppa Italia abbiamo toccato il fondo ma non siamo crollati. Lì abbiamo cominciato a seminare per questo trionfo e forse anche per il futuro e lo dimostra il fatto che non c’è un eroe solitario. Tutti, a turno, abbiamo messo la firma in questi playoff. Alzare la coppa da capitano rende tutto molto speciale. Ricordo le lacrime dei tifosi dopo la sconfitta, l’anno scorso, contro Trento. Promisi loro lo scudetto. È arrivato». E riesce a sciogliere pure l’espressione sfingesca di Vlado Micov, il professore di questa Olimpia: «Annata durissima, ma il nostro vero obiettivo era questo. L’abbiamo meritato».