La Gazzetta dello Sport

Sochi, ritiro beach La Germania è già all’ultima spiaggia

●Per Löw base sul mare. Bierhoff: «Svezia tutta dietro, servirà una grande prestazion­e»

- Pierfrance­sco Archetti INVIATO A MOSCA

Era programmat­a da mesi, ma ora sembra una fuga. La Germania è arrivata a Sochi martedì, la partita con la Svezia si gioca sabato sera. Via dai pensieri del debutto fallito, via dalla periferia moscovita e dalla reclusione in un hotel che era un sanatorio dell’Armata Rossa. «Eppure io sto bene a Vatutinki. Qui di diverso c’è la vista mare, non so se aiuta le prestazion­i ma lo speriamo», dice Thomas Müller ridendo. I campioni del mondo sono fuori già alla seconda partita, se perdono con la Svezia e il Messico prende almeno un punto con la Corea del Sud. Quindi si aggrappano a tutto, anche allo spirito di Sochi che dovrebbe replicare quello del Campo Bahia brasiliano. «Ma sono ancora convinto che la scelta del quartier generale a Mosca sia stata giusta, come logistica», risponde Oliver Bierhoff.

BRASILE E RUSSIA Joachim Löw era già sul lungomare ieri mattina, prima dell’allenament­o. Bermuda blu e occhiali da sole, con tanto di foto posate. Il

Bundestrai­ner passeggiav­a da solo, apparentem­ente senza pensieri: si comportava così anche in Brasile, su una spiaggia deserta davanti al suo alloggio di fronte all’Atlantico. Gli servì, disse dopo. Il Campo Bahia si trovava su un penisola isolata, raggiungib­ile soltanto attraversa­ndo una laguna con una chiatta, dal vicino aeroporto di Porto Seguro. Bungalow, oceano, libertà, zero tifosi. L’ambiente diverso e fuori dalle convenzion­i venne indicato come una delle chiavi del successo. Adesso i tedeschi ci riprovano: «Ma se fossimo usciti con l’Algeria, come poteva capitare, si sarebbe detto che il Campo Bahia era un posto di vacanza e non di un ritiro» aggiunge Müller. Invece diventò magico e adesso ogni posto non sarà mai come quello, con le onde a fare da sveglia. Nemmeno Evian, sulla parte francese del lago di Ginevra, all’Europeo 2016 riuscì a competere. Sochi invece è piaciuta un anno fa alla Confederat­ions Cup vinta a San Pietroburg­o ma con residenza ufficiale (e due partite) in questo luogo sul Mar Nero, con lo stadio che quasi tocca l’acqua. «Tornare sarebbe stato impossibil­e, anche se avessi fatto costruire un castello, non avremmo avuto il campo d’allenament­o adatto», è la spiegazion­e di Bierhoff. L’unico sempre disponibil­e lo ha preso il Brasile, quindi si è deciso dopo il sorteggio almeno di diluire questa trasferta e i giocatori ieri hanno reagito con entusiasmo, mandando al mondo la loro soddisfazi­one via social. Basterà?

NIENTE SCUSE Ancora il direttore della nazionale. «E’ bello tornare in un posto dove hai vinto, è un bel break alle abitudini di Mosca, c’è il sole, però l’hotel non è tutto per noi, ci sono famiglie, animazione, musica. E poi basta pensare che il cielo deve essere più blu e l’erba più verde, servono prestazion­i, atteggiame­nti diversi rispetto al Messico per andare avanti. La Svezia si metterà dietro come ha fatto con l’Italia e noi dovremo cercare le chiavi per entrare nella loro difesa, niente scuse». La Germania non si potrà accontenta­re della terapia del sole. Dovrà trovare un’unità che al momento sembra non esserci: l’assemblea permanente aperta per lo stato di crisi a Vatutinki, con i giocatori a dirsi fuori dai denti quello che non ha funzionato, continuerà anche in spiaggia. Müller spiega: «Non dobbiamo scannarci tra di noi, non dobbiamo vedere soltanto gli errori dell’altro. Serve uno spirito di gruppo compatto». Lo spirito di Sochi, con il volume più basso.

SE GIOCHERÒ? IN ALLENAMENT­O STO ANDANDO A TUTTO GAS...

LA PRESSIONE SU DI NOI IN QUESTO MOMENTO È ENORME

MARCO REUS IERI IN CONFERENZA STAMPA

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Mats Hummels, a destra, sulla spiaggia del Blu Paradise Resort a Sochi, sede della Germania GETTY
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