CRISTIANO, LEO E GLI APRISCATOLE
Ronaldo re del Mondiale, ma non è solo
Perché quando gioca Cristiano Ronaldo la gente ostile gli urla «Messi, Messi» e non succede il contrario? Questi cori, esportati dalla Spagna, servono per provocare l’asso portoghese, cercano di intaccare il suo ego spropositato, di ricordargli che c’è un dio sopra di lui. In genere, le urla e i fischi finiscono per caricarlo. Lo si è visto anche ieri a Mosca. Pochi minuti sono bastati a Cristiano per stendere il Marocco e per lasciare sul campo la zampata decisiva che mette fine all’avventura mondiale di Benatia e compagni. Il difensore della Juve, alla fine, ha speso parole un po’ bizzarre sul portoghese, contro cui è andato a sbattere in questa stagione sia in bianconero che con la nazionale. Cristiano è un killer meraviglioso e spietato, un campione di 33 anni capace di correre più veloce di tutti in questo Mondiale (34 chilometri all’ora), di attaccare e difendere e persino di dormire in piedi per recuperare le forze come sanno fare i cavalli. Il Portogallo è una squadra sobria e grigia, l’antitesi di Cristiano. Ma ha un grande portiere – super la parata di Rui Patricio su Belhanda nella ripresa – e una squadra abituata a pensare calcio con i piedi, al servizio del suo apriscatole. Col gol di ieri (il numero 85) CR7 stacca Ferenc Puskas nella classifica dei marcatori di sempre con la maglia di una nazionale ed è secondo, dietro a un iraniano (Ali Daei, 109) pensa te. Giocando in questo modo, i portoghesi hanno vinto l’ultimo Europeo: un po’ per caso, molto per il sistema di gioco che masticano fin da bambini e tantissimo, naturalmente, per Ronaldo. Piaccia o meno, adesso è lui il re del Mondiale russo. L’Argentina è messa peggio dei portoghesi. Ha una pressione più pesante e un gioco ambizioso ma meno rotondo e funzionale. Se Leo Messi non avesse sbagliato quel rigore contro l’Islanda, il match di oggi con la Croazia non avrebbe il contorno da cornice drammatica che sappiamo. In ottobre, quando l’Albiceleste sembrava destinata a rimanere fuori dal Mondiale, Messi era riuscito a ripescarla sul traguardo, ai 2850 metri di Quito: tripletta in rimonta all’Ecuador, quando molti dubitavano dell’impresa. Non è probabile che l’Argentina possa battere la Croazia di Modric e Mandzukic, ma è meglio non sottovalutare le capacità di riscatto del grande Leo. Dopo aver lasciato che fossero Messi e il suo entourage a mettere in campo l’undici iniziale contro l’Islanda, Sampaoli sembra voler riprendersi in mano la squadra, ora che è appeso a un filo. Più che le scelte dirette di Messi, la questione ha a che fare con l’interpretazione del suo pensiero. In realtà, credo che l’Argentina sia meno forte dei ricordi che abbiamo di lei, e purtroppo si ritrova i migliori giocatori concentrati in pochi ruoli: è quasi come non averli. Momento difficile: se Messi non farà l’apriscatole e l’Argentina perderà contro i croati, la presenza nel Mondiale sarebbe compromessa.
Tra CR7 e Leo, c’è molto altro. Intanto la qualificazione del Maestro Tabarez, conquistata col minimo sforzo, pensando alle battaglie che verranno. L’Uruguay non gioca per divertire, ma è tosto e sta ritrovando Suarez, il suo apriscatole. E poi c’è la Spagna. L’Iran oppone un catenaccio da pullman posteggiato davanti alla porta. Alla fine decidono un rimpallo vincente di Diego Costa e la Var che annulla il pari iraniano. Molta fatica per l’ennesimo 1-0, terzo della giornata. Costa è importante. Poche storie, questo è il filo rosso: chi sa giocare e ha un apriscatole che funziona, va avanti.