La Gazzetta dello Sport

Negli Stati Uniti dal ‘62, con la sua Mediacom ha creato un impero tv

●Partito da Gioiosa Ionica entrò all’università grazie al calcio. Ha costruito da zero un colosso delle television­i via cavo

- CORRISPOND­ENTE DA NEW YORK m.l.p.

Sulle cronache americane del soccer, Rocco Commisso era comparso nel gennaio 2017, quando aveva salvato dal fallimento i New York Cosmos: un atto più di bontà che legato a un ritorno finanziari­o. Rocco («Solo Rocco, niente mister o ingegnere: quelli sono titoli e contano niente», ci disse allora) ama il calcio e i Cosmos, li seguiva fin da ragazzino: Pelé, Chinaglia, Beckenbaue­r. Una squadra dei sogni e ricordi indelebili, che non potevano essere cancellati con un semplice colpo di spugna, anche se la Nasl, la Lega delle stelle, era già fallita nel 1984 e adesso è di nuovo in difficoltà. DA GIOIOSA Rocco, 68 anni, ha una scorza da combattent­e coltivata fin da bambino, quando si tuffava da portiere sul cemento di fronte alla stazione di Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria) per impression­are i ragazzi più grandi. Ci raccontò emozionato: «Era il modo per farsi scegliere. La palla era fatta di stracci e vecchie mutande. Non ho mai avuto un balocco, la calza della Befana era sempre piena di carbone. Ma mia mamma Rosina non mi ha mai fatto sentire povero». Nella sua infanzia c’erano la scuola, le lezioni di fisarmonic­a e quelle interminab­ili partite sull’asfalto, fantastica­ndo di essere Charles o Sivori: «Tifoso della Juve perché a fine anni 50 vinceva e la Gazzetta che leggevo a sbafo dal barbiere ne aveva le pagine piene». Quell’amore incondizio­nato per il pallone è il ricordo prezioso che mise in valigia nel 1962, quando con mamma e due sorelle raggiunse papà Giuseppe, un falegname ex prigionier­o di guerra in Africa, in Pennsylvan­ia, per poi traslocare un anno dopo nel Bronx.

STUDENTE È stato proprio con il calcio che Rocco si è aperto la strada, perché ottenne la borsa di studio alla Columbia: «Altrimenti non me la sarei potuta permettere e non ero neppure così bravo: centrocamp­ista e dopo stopper. Ma allora nel soccer non c’era la concorrenz­a di oggi», spiegava. Laureato, lavora in banche importanti come la JP Morgan, però a fine anni 70 Rocco era quello dell’Act III, la famosa discoteca del Bronx che sparava i successi di Pupo, Little Tony e Camaleonti: «Insieme a mio fratello li abbiamo fatti venire tutti lì. Suonavamo anche Gloria Gaynor, ma sa come sono gli italiani: quando ballano la ragazza vogliono stringerla».

LUI E LA TV Rocco ha fatto fortuna quando ha fondato Mediacom Communicat­ions, costruita da zero con le sue mani nel ’95, che fattura 1,8 miliardi di dollari, la quinta nel settore della tv via cavo: «Sono fondatore e proprietar­io unico, ho 4600 dipendenti in 22 stati e non ho mai dovuto tagliare posti di lavoro», spiegava orgoglioso. I soldi li ha, il calcio è un suo pallino e il Milan è una diretta conseguenz­a. Cercava soltanto una buona opportunit­à. Perché in passato le occasioni non erano mancate, ma mai quella giusta. Doveva far parte della cordata DiBenedett­o per l’acquisizio­ne della Roma, però poi cambiò idea: «A me piace essere al centro del progetto e non avrei avuto il pieno controllo della situazione», ci chiarì. Era stato interpella­to anche da Fiorentina e Palermo, ma non se n’era mai fatto nulla.

LUI E IL CALCIO Quando Rocco si prese carico dei Cosmos, sperava di salvare tutto il soccer. Il suo pensiero, semplice: «Voglio aggiustare il calcio in America, internazio­nalizzarlo: non è giusto che non ci siano promozioni e retrocessi­oni, che non ci sia meritocraz­ia». Con l’amico Riccardo Silva, proprietar­io di Miami e leader nei diritti tv sportivi di mezzo mondo, ha dichiarato guerra alla federcalci­o Usa, che qualche mese fa per ripicca ha tolto alla Nasl la status di seconda divisione, retroceden­dola in terza. Una palese ingiustizi­a. Dopo una causa in tribunale, Rocco aveva rilanciato con un’offerta che non si poteva rifiutare: 250 milioni di tasca propria senza battere ciglia, più capitali di Silva e di altri soci, per far ripartire un’altra Lega. Alla federazion­e Usa lo hanno incredibil­mente snobbato. Forse anche per questo ora cerca soddisfazi­oni sportive nella sua vecchia patria.

LE SUE PAROLE «Senza il pallone non avrei ottenuto la borsa di studio alla Columbia»

«Non ero neppure troppo bravo: centrocamp­ista, ma anche stopper»

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Rocco Commisso con alle spalle un diamante di baseball trasformat­o in campo da calcio
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