IL PARADOSSO INGLESE: MENO FORTI, PIÙ SERENI
«Da grandi poteri derivano grandi responsabilità», dice Spiderman. Che non a caso non è inglese, ma americano. Già, perché quando l’Inghilterra si sente forte, poi fa spesso flop. Grandi poteri, grandi responsabilità, enormi cadute. A cavallo tra gli anni 70 e 80, il calcio inglese dominava a livello di club, ma Keegan e compagni non portarono trofei alla Three Lions. Poi vennero Lineker e Barnes, l’epoca d’oro di Beckham, Shearer, Scholes, Owen, Gerrard, Lampard. Ad ogni Mondiale l’Inghilterra era tra le favorite, ma la bacheca restava puntualmente intatta. Ferma al trionfo casalingo del ‘66. Oggi l’Inghilterra ha una cifra di talento ed esperienza inferiore al passato, specialmente a centrocampo, ma anche minori aspettative. L’età media (circa 26 anni) è tra le più basse al Mondiale. Persino i (rumorosi) tifosi al seguito sono calati, complici le tensioni politiche con la Russia dopo il caso Skripal. Insomma, Southgate e i suoi non hanno l’obbligo di vincere, ma arrivare in Russia a fari spenti può essere un vantaggio: meno pressioni possono portare più risultati, soprattutto in un Mondiale ancora senza padri padroni. Se poi le cose si mettono male, c’è lui, Uragano Kane. Non è un supereroe, ma poco ci manca: implacabile in nazionale come con il Tottenham. E allora, che la volta buona sia proprio quando nessuno se lo aspetta?