La Gazzetta dello Sport

IL PARADOSSO INGLESE: MENO FORTI, PIÙ SERENI

- MARCO GUIDI

«Da grandi poteri derivano grandi responsabi­lità», dice Spiderman. Che non a caso non è inglese, ma americano. Già, perché quando l’Inghilterr­a si sente forte, poi fa spesso flop. Grandi poteri, grandi responsabi­lità, enormi cadute. A cavallo tra gli anni 70 e 80, il calcio inglese dominava a livello di club, ma Keegan e compagni non portarono trofei alla Three Lions. Poi vennero Lineker e Barnes, l’epoca d’oro di Beckham, Shearer, Scholes, Owen, Gerrard, Lampard. Ad ogni Mondiale l’Inghilterr­a era tra le favorite, ma la bacheca restava puntualmen­te intatta. Ferma al trionfo casalingo del ‘66. Oggi l’Inghilterr­a ha una cifra di talento ed esperienza inferiore al passato, specialmen­te a centrocamp­o, ma anche minori aspettativ­e. L’età media (circa 26 anni) è tra le più basse al Mondiale. Persino i (rumorosi) tifosi al seguito sono calati, complici le tensioni politiche con la Russia dopo il caso Skripal. Insomma, Southgate e i suoi non hanno l’obbligo di vincere, ma arrivare in Russia a fari spenti può essere un vantaggio: meno pressioni possono portare più risultati, soprattutt­o in un Mondiale ancora senza padri padroni. Se poi le cose si mettono male, c’è lui, Uragano Kane. Non è un supereroe, ma poco ci manca: implacabil­e in nazionale come con il Tottenham. E allora, che la volta buona sia proprio quando nessuno se lo aspetta?

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