«MESSI? NON È LEADER COME DIEGO, MEGLIO CR7»
«CRISTANO È UN TRASCINATORE, LO TROVI OVUNQUE. LEO È TIMIDO E CHIUSO E NON HA IL CARISMA DI MARADONA
Il dolore era ampiamente previsto, come quando vai dal dentista e sai che, per quanto sia potente l’anestetico, in certi momenti ti sembrerà di impazzire. Juan Sebastian Veron, ieri a Parma per un’esibizione nell’ambito del progetto «Serie A Operazione Nostalgia», autentico signore del centrocampo tra la fine degli anni Novanta e la prima decade dei Duemila, era consapevole di dover soffrire osservando la sua Argentina al Mondiale. Non si aspettava certo una passeggiata, lui che l’ambiente lo conosce, però non pensava nemmeno di essere sull’orlo del burrone dopo due partite. «C’è sempre una via di mezzo, no? – si domanda –. Così è proprio dura: aggrapparsi alla vittoria della Nigeria sull’Islanda, per un popolo come il nostro, è complicato. Non ci resta che una soluzione, un piccolo spiraglio: speriamo che ci vada bene e che, magari, tutto cambi».
Qual è il problema dell’Argentina? «Tanto semplice da vedere
quanto difficile da risolvere. Ciò che avviene in campo è lo specchio di quello che c’è fuori. In campo i giocatori fanno casino, perché fuori, nella federazione, nell’ambiente, c’è casino. Chiaro, no?».
Chiaro sì, ma come uscire dal tunnel?
«Il male è profondo, manca organizzazione, mancano idee a livello dirigenziale, manca un progetto da condividere e da seguire. E così si stanno buttando via tanti talenti».
Già, perché i talenti, persino i campioni, ci sono.
«È vero, però non basta avere tanti giocatori di alto livello se non c’è una base su cui costruire. L’Argentina ha Messi, d’accordo, ma che cosa si è vinto? Meglio ancora: quando mai abbiamo giocato bene? Sono stati cambiati tanti, troppi commissari tecnici, come se fosse sufficiente sostituire l’uomo in panchina per migliorare le cose. Il calcio è un fatto semplice e complesso alllo stesso tempo».
Rischiare di uscire dal Mondiale pur avendo Messi in squadra è una specie di delitto, non crede?
«Il fatto è che non basta uno solo per vincere, questo dice il calcio moderno. Messi non è Maradona, e lo sostengo io che ho giocato assieme a tutt’e due. Con Diego eravamo nel Boca Juniors, con Leo in Nazionale. Ebbene vi garantisco che Diego era un trascinatore, un punto di riferimento, uno su cui sapevi di poterti appoggiare in qualsiasi momento. Messi no, è molto timido, chiuso. Forse è un leader in un gruppo ristretto, ma non in un ambiente come la Nazionale. Non sono in discussione le qualità tecniche, ma caratteriali».
72 IL NUMERO Le presenze di Juan Sebastian Veron nella nazionale argentina: ha segnato 9 gol
A Barcellona è un leader.
«A Barcellona c’è una squadra che gioca per lui. L’Argentina l’avete vista: non solo non gioca per lui, ma non ha nemmeno un gioco. Dunque anche Messi fa fatica».
Nel Portogallo Cristiano Ronaldo fa tutto da solo.
«Cristiano è un trascinatore, va in contropiede, corre a una velocità pazzesca col pallone tra i piedi, è forte di testa, ha presenza fisica in area di rigore, dribbla, tira. È ovunque. Messi è un altro tipo di calciatore».
Pare di capire che, se potesse, lei sceglierebbe Cristiano Ronaldo.
«Tra i due, dopo attenta e lunga riflessione, sì. Il portoghese sa essere decisivo anche se non ha dietro la squadra. Messi va supportato. Comunque resta un grande, sia ben chiaro».
Se a voi argentini non va benissimo, a noi italiani va ancora peggio: al Mondiale neanche ci siamo.
«Brutto periodo per il calcio italiano. Però adesso è arrivato un mio amico sulla panchina della Nazionale e vedrete che vi risolleverete presto. Mancini è bravissimo. È stato mio compagno e mio allenatore. Gli ho mandato un messaggio di complimenti dopo la nomina. Ha idee chiare e gli piace il bel calcio, però non fategli perdere la pazienza...».
Gli manca il materiale, non ci sono grandi giocatori.
«Bisogna farsene una ragione. Il calcio di oggi non è paragonabile al mio, a quello della fine degli anni Novanta. Allora i campioni abbandonavano, gente che aveva personalità, forza fisica, talento. Adesso il livello è basso, lo si vede anche in questo Mondiale. Se poi qualcuno bravo lo lasciano pure a casa...».
A chi si riferisce?
«A Icardi. Ma come si fa a non convocare uno che la butta dentro sempre, o quasi sempre?».
Altri talenti che avrebbe voluto vedere in Russia?
«A me piace moltissimo Lautaro Martinez, quello che ha appena comprato l’Inter. Forse è presto per la maglia della Nazionale, però è già pronto per il grande salto nel calcio importante. È un attaccante che sa fare sia la prima sia la seconda punta. Ha fisico, è bravo di testa, l’Inter ha azzeccato il colpo, a patto che abbia pazienza, che lo faccia crescere e che non lo bocci al primo errore. Ma Spalletti è in gamba, saprà proteggerlo dalle pressioni».
C’è una squadra in Italia che l’ha impressionata ultimamente?
«Nessun dubbio: il Napoli. Sarri è fantastico. Giocavano a memoria, mi sarebbe piaciuto stare in quella squadra. Meglio: mi sarebbe piaciuto che lui avesse allenato il mio grande Parma, con Chiesa e Crespo davanti, io, Dinone Baggio e Boghossian in mezzo, Cannavaro, Sensini e Thuram in difesa, Buffon in porta. Quanto ci saremmo divertiti!».