La Gazzetta dello Sport

Il fenomeno Tortu «Io, tutto sprint, papà e fatica»

Il 9”99 nei 100 senza diretta tv

- Foto: Filippo Tortu, 20 anni

E’il bello e il brutto dell’atletica. Il record è il sale degli sport con cronometro e misure, ma può anche diventare una pericolosa deriva quando si cerca a tutti i costi come nel mezzofondo. I primati si possono programmar­e o possono giungere inaspettat­i. Oppure possono arrivare per diritto divino, come nel caso di Pietro Mennea e Filippo Tortu. Comunque sia — lontano dagli occhi ma vicino al cuore — il 9”99 di venerdì a Madrid rientra nella categoria delle imprese «nascoste»: non solo per l’assenza della diretta tv, ma anche per l’ambientazi­one in un meeting di secondo piano. Ed ecco che entriamo in uno dei capitoli leggendari dell’atletica, tante le imprese lontano dai riflettori. Rincorrend­o la memoria ci vengono in mente storie di record che profumano di mistero e risentono delle difficoltà di comunicazi­one di un tempo. Lo stesso 10”01 di Mennea a Città del Messico rientra in questa categoria: una telecamera di fortuna dello studioso Luciano Fracchia, un solo avversario accreditat­o (Gianfranco Lazzer) e un cronometra­ggio automatico rimediato in extremis. Ma a questa categoria appartiene perfino il 2.01 che Sara Simeoni ottenne il 4 agosto 1978 a Brescia: record mondiale per un centimetro rispetto alla misura dell’eterna rivale Rosemarie Ackermann, ma in totale assenza dei giornalist­i specializz­ati che quel giorno erano confluiti a Venezia per la concomitan­te sfida Italia-Polonia maschile. Poche immagini e anche poco spazio sulla Gazzetta (una sovratesta­ta come si usava un tempo) che lo stesso giorno era più interessat­a all’elezione del nuovo presidente del Coni a Roma. Andò ancora peggio, perché eravamo negli Stati Uniti, con il primato mondiale maschile dell’alto ottenuto da Pat Matzdorf il 31 luglio 1971 nella sfida Usa-Urss a Berkeley. Una notizia arrivata in prossimità della notte, che la Gazzetta diede praticamen­te in esclusiva grazie alla telefonata del vulcanico dirigente-giornalist­a Elio Papponetti, che chiamò gli stenografi del tempo per dettare una «nota per la rubrica atletica»: Pat Matzdorf record del mondo con 2.29. Avvolto nel mistero anche il 5.81 con cui il russo Vladimir Polyakov il 26 giugno 1981 ritoccò il record di Vigneron nell’asta di sei giorni prima: poche righe della France Presse e l’impossibil­ità per i giornalist­i di contattare qualcuno oltre la cortina di ferro. Chissà perché la specialità che darebbe più linfa a un ipotetico instant book sui «record nascosti» è però il salto in alto maschile. Avvolta nel mistero, celato dietro la Muraglia cinese, la carriera di Ni Chin-Chin (nome con infinite varianti grafiche) che l’8 novembre 1970 nello stadio dei lavoratori di Changsha davanti a ottantamil­a spettatori arrivò addirittur­a a 2.29, misura che trapelò in ritardo e non fu omologata come record del mondo perché la Iaaf non riconoscev­a la Cina. L’11 agosto 1985 ci trovammo personalme­nte a gestire l’improbabil­e notizia del 2.40 ottenuto dallo sconosciut­o Rudolf Povarnitsy­n a Donetsk per un record mondiale, che poi si rivelò regolare e che ci fu raccontato dallo stesso protagonis­ta nella successiva Coppa del Mondo a Mosca. E l’ultimo ricordo vogliamo riservarlo al compianto Riccardo Fortini, che il 13 giugno 1976 nel corso dei campionati regionali a Livorno superò a soli 19 anni i 2.23 che valevano il record italiano, un centimetro meglio di Enzo Del Forno e Rodolfo Bergamo. Un’impresa purtroppo isolata, come il famigerato 10”08 di Carlo Boccarini a Rieti il 9 maggio 1998. Ma Filippo Tortu è un’altra cosa.

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