Senegal, una foresta da esplorare oltre i soliti noti
●L’ex c.t. delle giovanili Berrettini: «I tecnici neri non sono tenuti in considerazione, c’è molto razzismo»
Ci sono sempre figli di un Dio minore e il Senegal di Alio Ciesse non fa eccezione. Oltre Mane, Nang, Koulibaly, Sane, Diouf e Gueye, nella squadra di Aliou Cissé c’è una foresta da esplorare. La gara di oggi con il Giappone non opporrà solo le due nazionali in testa al girone H, dopo i successi ottenuti rispettivamente contro Colombia e Polonia, ma anche una nuova vetrina per i combattenti della vita. Nel caso del Senegal, bisogna voltarsi indietro e guardare la difesa. Il portiere Khadim Ndiaye è l’unico dei 23 tesserato per un club africano, l’Horoya di Conakry, capitale della Guinea. Ha 33 anni e possiede una buona dose di esperienza: la lontananza dal circuito europeo è stata dannosa per il conto in banca, ma non per l’abilità calcistica. Moussa Wague, 19 anni, esterno destro, cresciuto nell’accademia dell’Aspire, gioca nell’Eupen, in Belgio. Ha corsa e talento: tra qualche tempo lo vedremo in un palcoscenico migliore. Lamine Gassama, 28 anni, origini guineane – il percorso inverso del portiere Ndiaye -, è finito in Turchia, nell’Alanyaspor. L’aspetto più interessante della sua storia è il quartiere di quando era bambino: è cresciuto nella parte Nord di La Castellane, la stessa zona di Zinedine Zidane. Le parole di Sadio Mané, star del Liverpool, alla vigilia del match con il Giappone, sono un inno allo spirito collettivo: «La nostra forza? Non è Mané. E’ la squadra».
BERRETTINI
L’Africa è una continua scoperta e dietro al ritorno ad alti livelli del Senegal c’è il lavoro di base. Il quarto posto al mondiale Under 20 2015 in Nuova Zelanda è stato il trampolino di lancio. Paolo Berrettini, ex ct delle giovanili italiane, ha scoperto l’Africa nel 2013, quando salì sull’aereo e sbarcò in Congo, per occuparsi di Under 17 e Under 20. Dal 2016, lavora in Sene- gal, dove ha creato l’Academie FC Baobab, a Dakar. Il centro comincia a produrre i suoi frutti e ora il ministero dello sport senegalese sta esaminando un progetto per ampliare la struttura: quattro campi in sintetico, piscina, refettorio e scuola. Berrettini ci racconta le atmosfere di questi giorni, dopo il 2-1 contro la Polonia: «Tutta la nazione sta seguendo il mondiale. Il Senegal è un paese che stravede per il calcio. Le feste dopo il 2-1 di martedì sono state incredibili. Sono contento per l’allenatore, persona davvero in gamba, che ha dovuto lottare non poco per imporsi. In Africa i tecnici neri non sono tenuti nella giusta considerazione. Preferiscono affidarsi ai bianchi perché mettono tutti d’accordo. C’è razzismo tra le varie etnie e ci sono gelosie. Aliou Cissé è bravo perché ha saputo dare un’identità alla squadra ed è riuscito a resistere alle pressioni. Il suo 4-4-2 è lineare e attento alla fase difensiva. Il Senegal ha talento, ma anche un suo equilibrio».
L’AFRICA
Testimone di cinque anni vissuti in Africa, Berrettini ha una sua opinione sul tema dell’immigrazione che sta lacerando l’Europa: «Quando diciamo che bisogna aiutare questo continente, il mio pensiero va alle enormi ricchezze di cui è dotato e alle ineguaglianze che trovi dappertutto. Il primo aiuto all’Africa deve arrivare dalla stessa Africa. La ricchezza e le risorse per stare meglio ci sono, il problema è la loro distribuzione e le politiche degli stati. Bisogna rompere certi schemi e per tornare al calcio, la presenza di Aliou Cissé sulla panchina del Senegal è un messaggio importante: possiamo farcela da soli, basta rimboccarsi le maniche e avere fiducia in noi stessi».
CISSÉ È BRAVO PERCHÈ HA SAPUTO RESISTERE ALLE PRESSIONI PAOLO BERRETTINI SUL C.T. DEL SENEGAL