Schmeichel e la voglia di non essere più solo il «figlio di papà»
SCARAMANZIA E MATURITA’: DUE MOTIVI PER VINCERE ●Il portiere danese non ama parlare del genitore e cerca un’altra impresa stile-Leicester PARTITE AI MONDIALI
Partita di poco valore? Così sembra visto l’ampio turnover praticato da Deschamps, ma proprio il c.t. sa bene che la storia manda un messaggio diverso. Nei suoi tre trionfi internazionali (Mondiale ‘98, Europeo ‘84 e 2000) la Francia ha sempre sconfitto la Danimarca nella fase a gironi (3-0, 1-0, 2-1). Oggi meglio vincere, insomma, e non solo per scaramanzia. Meglio vincere perché dopo gli stenti della gara con l’Australia e la crescita evidenziata contro il Perù, la Francia deve mostrare quella leggerezza e quella freschezza che possono essere determinanti in un torneo tuttora senza padrone. Il turnover rischia di compromettere la prestazione, però in avanti la qualità non manca mai. Anzi, proprio l’ampia scelta di cui dispone Deschamps è un prezioso valore aggiunto. Della Francia si dice da tempo che questo Mondiale sarebbe stato una prova generale in vista di un Europeo da favorita, perché nel 2020 sarà completata la maturazione di tanti giovani talenti. Però le vittorie più belle arrivano quando non te le aspetti e i talenti maturano all’improvviso, magari stimolati dalla vetrina più importante. In questo senso la partita di oggi darà una risposta significativa: battere la Danimarca in modo convincente, dribblando le trappole del turnover e il pensiero degli ottavi, sarebbe una prima prova di maturità. E poi chissà...
Avete presente tutte quelle storie mondiali di giocatori dall’infanzia difficile, riscattata grazie al pallone, con soldi e fama improvvisi che fanno perdere la testa? Ecco, adesso pensate all’esatto contrario, e avrete Kasper Schmeichel, l’uomo più importante della Danimarca oggi. Se lui non prende gol, i suoi sono agli ottavi.
DISCESA E RISALITA Quando era poco più che un bambino, ha raccontato, si metteva dietro la porta del padre e fingeva di parare i tiri sbagliati di Cantona, Beckham, Giggs. Girava l’Europa con papà, in super hotel, guardandolo firmare autografi. A 15 anni si allenava coi grandi del City. A 19, e poi di nuovo a 23, si è ritrovato in quarta serie, a girare l’Inghilterra in bus. A 28, dopo la promozione col Leicester, poteva contare su meno di 10 presenze in Premier. Per tutti, era solo il figlio di Schmeichel. Poi è arrivato l’incredibile titolo con le Foxes di Ranieri. Gli Schmeichel 4.63 2.50 2.30 famosi sono diventati due, ma lui è rimasto il “figlio di”: «Ho passato i trent’anni, ho una moglie e due figli, ma per tutti esisto solo come figlio di Peter».
SENSAZIONI Anche ieri, in conferenza stampa, per lui ci sono tre domande. Due coinvolgono il genitore. A una, se sente la pressione dell’eredità, risponde con un laconico «No», per far capire che l’argomento non è proprio fra i suoi preferiti. Con questa squadra ha battuto il primato di imbattibilità del padre, fermandosi a 571’:
«Ho parlato con papà dopo la partita, nessuno dei due lo sapeva». In questa squadra rivede una storia vissuta: «Ai primi allenamenti dell’anno del titolo del Leicester, ho capito che potevamo fare qualcosa di grande. Pensavo alla Champions, in realtà. Ora vivo quella stessa sensazione: sento la forza di uno spirito collettivo. E poi c’è Eriksen, forse il migliore con cui abbia mai giocato». Queste cose le scrive in una lettera a The Player’s Tribune, una delle poche concessioni allo status di calciatore famoso che sembra concedersi. Stine Gyldenbrand, la moglie, scherzando ha raccontato: «Quando ho conosciuto Kasper a 17 anni, pensavo che sarebbe stata una AFP vita da fuochi artificiali. Invece in fondo siamo sempre a casa, in salopette, a raccogliere dei Lego da terra e a preparare pranzi al sacco».
HAREIDE NON AIUTA Questo spaccato familiare fa un po’ a pugni con l’immagine del portiere in campo, dove alterna urlacci alla sua difesa a tentativi di intimidazione agli avversari (Jedinak non si è fatto impressionare, sul rigore). Ma il profilo da anti-star non può che piacere al suo c.t., il norvegese Hareide, uno che in patria si era espresso così, su Pogba: «Pensa solo a come tagliarsi i capelli, contro il City se li è fatti blu, contro di noi si presenterà tinto di bianco e rosso?». Queste e altre dichiarazioni («La Francia non mi sembra granché») non sono passate inosservate, nel ritiro francese. Come ha detto Deschamps: «I giocatori leggono e ricordano». Hareide, che amerebbe un clima da «volemose bene» (con un pareggio si va avanti a braccetto) ha provato una clamorosa marcia indietro: «Frasi fuori contesto, facevo un confronto con la nazionale di Francia 98». Non è sembrato convincente, probabilmente ci sarà lavoro per Schmeichel, al Luzhniki.
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IL NUMERO i minuti di imbattibilità di Schmeichel con la Danimarca: record strappato al padre