La Gazzetta dello Sport

IL MONDIALE DI NEY E L’ICEBERG SVEZIA

Completati gli ottavi in Russia 2018

- IL COMMENTO di ALESSANDRO DE CALÒ twitter: @AdeCal

In un Mondiale ammazzagra­ndi, tendente ai supplement­ari, con gli inglesi che passano solo all’ultimo rigore, è normale trovare questa Svezia nei quarti di finale. E’ la stessa nazionale di Forsberg e Toivonen che ha mandato a picco l’Italia negli spareggi, dopo aver battuto la Francia e lasciato a casa l’Olanda nelle qualificaz­ioni. Pesante, elementare, fisica, concreta. Una specie di iceberg nell’oceano del Mondiale. Il soporifero match con la Svizzera, quasi uno spot contro l’evoluzione del calcio, ci ha fatto capire un paio di cose. La prima abita il terreno della casualità: quando le forze in campo tendono ad annullarsi, anche un filo d’erba o un banale lapsus possono decidere la tua fortuna. La deviazione dello svizzero Akhanji, sul tiro di Forsberg, che ha messo fuori causa il proprio portiere, riassume bene il concetto. La seconda cosa riguarda la socialità dei giocatori, il loro modo di essere squadra. E qui la Svezia sale in cattedra, ci serve una lezione. Finché dipendeva dal genio di Ibrahimovi­c, era una nazionale di medio livello, incapace di qualificar­si per il Mondiale in Brasile.

Da quando si è de-ibrainizza­ta ha cominciato a mettere in fila risultati su risultati. Credo che la chiave sia l’umiltà, la presa di coscienza dei limiti. Nessuno azzarda un dribbling, nella Svezia. Sanno che non sono capaci di saltare l’uomo e nemmeno ci provano. Percorrono altri sentieri per salire e, intanto, difendono, pressano, ti impediscon­o di giocare bene, trascinand­oti sul loro terreno fisico.Nei quarti anche l’Inghilterr­a farà fatica, contro di loro. C’è un importante gap di match nelle gambe che comincia a fare selezione come si è visto ieri contro i colombiani. Harry Kane e compagni sono partiti bene, per finire sfiancati poi dalle provocazio­ni e dalla maggiore lucidità dei colombiani. E’ stato ancora il blaugrana Yerry Mina a tenere in pista i cafeteros (tre gol negli ultimi tre match), ma c’è sempre qualcosa di incompiuto alla fine (ahi, il rigore di Bacca) che impedisce alla Colombia di sedersi tra le grandi.

Il tabellone continua a pendere pesantemen­te a sinistra, per la gioia dei russi padroni di casa che a questo punto meditano il colpaccio contro Modric, Rakitic e compagni. Tutto diventa possibile. Chi ama il buon calcio deve guardare per forza dall’altra parte dove UruguayFra­ncia e Brasile-Belgio, sul piano tecnico, valgono due semifinali. Mbappé e Neymar sembrano destinati a offrirci uno show memorabile nel possibile prossimo incrocio tra i Bleus e la Canarinha, ma intanto devono arrivarci. Il cammino della Celeste del maestro Tabarez consiglia prudenza, anche se Cavani non dovesse esserci. L’Uruguay è una Svezia elevata al cubo con l’aggiunta della tecnica rioplatens­e. Mbappé troverà pochi spazi e nessuna prateria dove lanciarsi in contropied­e: ma la Francia ha molte risorse – da Pogba a Griezmann – da mettere in campo: è il momento di farle valere. E poi c’è il Brasile, l’abbiamo visto finalmente abbastanza vicino a come ci si immagina possa giocare la Seleçao. A tratti grande calcio, se non proprio futebol-arte. Se dovesse riuscire ad asciugare la gestualità delle sceneggiat­e – come gli capitava di fare a Barcellona – Neymar sarebbe già seduto sul trono del Mondiale russo. E’ partito piano e sta crescendo, ogni pallone che tocca i suoi piedi diventa quasi sempre qualcosa di molto godibile, e spesso efficace. La rimonta col Giappone moltiplica le chance dei belgi, forza e talento. Sarà spettacolo, questo sì uno spot da non perdere.

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