Warriors, anche Cousins Un quintetto di All Star
●Non succedeva dai Celtics 1975-’76. Per un anno con i campioni in carica a 5,3 milioni: «Nessuno mi voleva, così ho dato scacco matto»
Per capire come la pensano i Guerrieri dell’arrivo a Oakland di DeMarcus Cousins, l’ultima recluta (e che recluta) arruolata dal general manager Bob Myers, basta leggere i due tweet, identici, cinguettati da Steph Curry e Draymond Green: «Bada bing, bada boom!». Euforia, fuochi d’artificio. Per la consapevolezza di aver aggiunto un altro frammento dorato al loro mosaico già così prezioso e vincente. Con Cousins tutto il quintetto titolare sarà composto da All-Star, come non accadeva dai tempi dei Boston Celtics, stagione 1975-1976.
STELLE Questi saranno i Golden State Warriors di Curry, Klay Thompson, Green, Kevin Durant e Cousins, appunto. Una squadra dei sogni. Già com’erano, a giugno avevano spazzato via alle Finals i Cleveland Cavaliers di LeBron James per 4-0, andando in apnea solo nelle finali di Conference contro gli Houston Rockets (vittoria per 4-3), privati nelle ultime due gare di Chris Paul infortunato.
QUOTE Alla notizia, Las Vegas ha subito ritoccato verso il basso le quote per il successo finale: era difficile batterli prima, sarà durissima farlo adesso. Nella posizione di centro ruotavano a turno Zaza Pachulia e JaVale McGee (appena preso dai Lakers). Dunque neppure 24 ore dopo la mossa gialloviola di Magic Johnson, che ha messo sotto contratto LeBron, il migliore sul mercato, i Warriors rispondono con un colpo assolutamente a sorpresa. Perché «Boogie» era un pezzo da novanta che poteva auspicare ad almeno 150 milioni per cinque anni (con i Pelicans) e che invece ha accettato un accordo molto più modesto: 5,3 milioni di dollari per una stagione (unica possibilità per Golden State di firmarlo visto le ristrettezze del loro salary cap), puntando almeno per un campionato a vincere, più che al lato economico.
SALDI Un all star tirato giù da uno scaffale a prezzo di svendite post-natalizie, perché DeMarcus in questo momento è merce difettosa. A febbraio gli è saltato il tendine d’Achille, un incidente che per un ragazzone di 2 metri e 11 può avere tempi di recupero non sempre rassicuranti. In questo momento si parla di un rientro a gennaio, anche se lui rivela di essere molto avanti nella riabilitazione. Da sabato mattina, cioè da quando si era aperta la caccia al free-agent, il suo cellulare non aveva mai squillato: nessuno lo stava cercando. Deprimente. Affacciato sul balcone del suo appartamento a Las Vegas, pensieroso e incapace di dormire, alle cinque del mattino di lunedì gli è balenata l’idea: «Mi sentivo offeso per non aver ricevuto alcuna proposta. E allora mi sono detto: “E se andassi ai Warriors!». Ha sottoposto il piano un po’ folle al suo agente, Jarin Akana, e alle 8 ha chiamato il gm Myers per esporgli la sua intenzione. Subito ben recepita. Quasi incredulo, il massimo dirigente dei Warriors ha chiesto il parere favorevole di coach Steve Kerr (ottenuto all'istante), ma ha potuto offrire a Cousins, che un anno fa guadagnava 18 milioni di dollari, solo quel compenso da gregario.
CIFRE Ormai, però, i Warriors sono come un grosso magnete: attraggono campioni frustrati pronti a tutto pur di poter vincere qualcosa. Cousins è uno di questi: nove anni in Nba (sette con i Sacramento Kings, due con i New Orleans Pelicans), cifre da All Star, ma mai neppure un minuto ai playoff. Quella lacuna l’avrebbe colmata il campionato scorso se non ci fosse stato quel maledetto infortunio, fra l’altro in una delle sue migliori stagioni: 25.2 punti a match e poi 12.9 rimbalzi, 5.4 assist e il 36.2% nei tiri da tre, tutti primati in carriera. Un centro moderno e dinamico, da area pitturata e da perimetro, con mani da ottimo passatore, ma con un problemino all’origine: un carattere non facile e una propensione al litigio. Per questo dopo l’ok alla sua offerta, ha preferito telefonare ai suoi ex compagni di Nazionale, Curry, Durant, Thompson e Green, con cui ha vinto il titolo Mondiale nel 2014 e l’oro ai Giochi di Rio nel 2016.
RISPOSTE Aveva bisogno della benedizione del gruppo. Le risposte entusiaste stanno in quei tweet di Curry e Green e in quello di KD, lui stesso disposto da due anni a limarsi lo stipendio pur di mantenere intatta questa squadra di fenomeni: «La nostra unità e la cultura da vincenti è ciò che ha fatto arrivare DeMarcus». Due estati fa era stato così anche per lui. E poi, se Boogie farà bene e aiuterà i Guerrieri a conquistare un altro anello, già a fine campionato sarà di nuovo svincolato con la possibilità di riprendersi i soldi perduti quest’anno. Al magazine on line di Espn, The Undefeated, ha raccontato l’eccitazione per la nuova scelta di vita e professionale: «Non ci credevo neppure io. E’ stata dura, sono scioccato: è stata una notte di grandi emozioni. Se fosse una partita a scacchi, questa sarebbe la mia mossa più intelligente di sempre». Quasi certamente anche per i Golden State Warriors.
0
LA CHIAVE
Le gare playoff giocate da Cousins in 9 anni di Nba: 7 con Sacramento e 2 con New Orleans