La Gazzetta dello Sport

Londra, onda azzurra Berrettini spettacolo Ma Cecchinato frena

●Mai sei uomini italiani al 2° turno dei Championsh­ips. Il romano batte Sock al 5°. Fognini avanti, ora il derby con Bolelli. Il palermitan­o si arrende: «Mi è servito da lezione»

- Riccardo Crivelli INVIATO A LONDRA

Sembra un mare l’erba. Un’onda lunga azzurra, una piccola magia che estende i brividi parigini e pianta ben salda la bandiera italiana anche nel tempio che tante, troppe volte ci ha chiuso le porte. Se questo è sempre stato lo Slam più ostico per la carne, il sangue e i muscoli dei nostri guerrieri, allora lasciateci sognare: 6 uomini italiani al secondo turno di Wimbledon non c’erano mai stati. Mai.

CHE DERBY E quello di almeno uno di loro batterà ancora e vivrà le emozioni di una nuova avventura, perché domani uno degli incroci offerti dal tabellone sarà il derby tra gli amici Fognini e Bolelli, che insieme hanno pure vinto uno Slam in doppio, gli Australian Open del 2015. Fabio riappare dopo Parigi, con la caviglia sempre tormentata e la solita idiosincra­sia per i prati, più mentale che tecnica. Concede il primo set a Daniel, fiero avversario in Davis a febbraio, ma non appena si scioglie, lo show è garantito: 55 vincenti, di cui 25 con il dritto, e un senso di padronanza che fa dimenticar­e il pizzicore al tendine. Un buon test: «Il gioco c’è, purtroppo il dolore non passa ma non posso fermarmi, la classifica della Race (che qualifica al Masters, ndr) è troppo stuzzicant­e. Il match con Simone? Come tutte le sfide in famiglia, sarà una partita incasinata». Il Bole vi approda dopo una solida prestazion­e (77% di punti con la prima) contro il decadente Cuevas, assecondan­do la fortuna che per la quinta volta in carriera (un record) l’ha portato in tabellone da lucky loser: «Quando perdi l’ultimo turno delle qualificaz­ioni, devi solo aspettare. Curiosamen­te, l’ordine dei primi cinque ripescati, che erano già sicuri di entrare, l’ho sorteggiat­o io. Ero il sesto, sapevo di avere più di una speranza, ma un po’ ho gufato, lo ammetto. Il derby? Difficile, ma l’erba è la superficie su cui avrei voluto giocarlo».

AHI CECK Esperienza e gioventù: per il debutto ai Championsh­ips, Berrettini si offre il successo più prestigios­o della carriera contro il numero 15 del mondo Sock, che a novembre giocava il Masters e adesso, a dire il vero, è un po’ in disarmo (solo 5 partite vinte in stagione). Però Matteo, sotto di 2 tie break e con tante occasioni sciupate, ha il merito di non uscire mai dalla partita fino a quando prende l’americano per sfinimento con la chicca di 60 vincenti. Un diamante che consola dello stop di Cecchinato, che vede evaporare punto dopo punto lo spirito del Roland Garros contro il Next Gen australian­o De Minaur, classe 1999, allievo prediletto dell’ex numero uno Hewitt da cui ha mutuato la corsa, la grinta e l’animo pugnace. Ma il Ceck è troppo falloso e viene tradito incredibil­mente dal dritto, che offre alla causa del rivale ben 41 gratuiti: «Ho sbagliato tanto e non ho sfruttato le opportunit­à che ho avuto per mettergli pressione. Mi servirà da lezione, anche se in queste due settimane ho capito di poter vincere pure sull’erba. Ora di nuovo la terra, rivedrete un Cecchinato all’altezza della classifica e delle ambizioni». Alla riscossa.

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Sopra Matteo Berrettini, 22 anni. In basso Marco Cecchinato, 25
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