MONDO SOTTOSOPRA E PICCOLE TRAPPOLE
Il quadro degli ottavi a Russia 2018
Ese Davide beffasse Golia anche al Mondiale di Russia? I rimandi biblici fanno sempre effetto. Soprattutto è curioso che i quarti propongano le sfide tra quattro grandi Paesi calcistici e altre quattro piccole potenze. Ma si fa per dire. Il campo ci ha dimostrato che Croazia, Uruguay, Belgio e Svezia evidentemente non hanno nulla da invidiare alle rispettive, poderose, avversarie: Russia, Francia, Brasile e Inghilterra. Il gioco dei pronostici, in un torneo così equilibrato, può lasciare il tempo che trova.
In un Mondiale che ha perso per strada le super-potenze Argentina, Germania e Spagna (con l’Italia a casa a rosicare...) si nota facilmente come il calcio europeo abbia preso il sopravvento, lasciando i soli due posti per Brasile e Uruguay. In un Sud America in balìa dei problemi economici, spiccano la favola uruguaiana e i miracoli di un popolo di appena 3,5 milioni di abitanti capace di esportare talenti in serie e tenere alta una tradizione che ha in dote due Mondiali.
Ma è in particolare in Europa che la storia sta per essere scritta alla rovescia. Tanto per intendersi, la fotografia tecnica di questa kermesse non è in linea con il ranking buono per la Champions. Se tra le «big five» resistono Francia e Inghilterra molto merito va dato a due federazioni che hanno creduto nella valorizzazione dei giovani. La scuola transalpina è una certezza, mentre una bella novità arriva da oltre Manica. La ciliegina russa sta maturando dopo le significative affermazioni con le varie Under, a riprova di un lodevole lavoro in profondità. E anche il gruppo di Southgate ha un’età media relativamente bassa. A loro modo anche i padroni di casa stanno raccogliendo i frutti di una politica verde già avviata ai tempi di Capello.
Non appaia strano, dunque, il fragoroso flop di Germania e Spagna di cui abbiamo meritatamente celebrato a lungo i modelli. A tempo debito i lungimiranti progetti delle due federazioni sono andati di pari passo con la crescita di generazioni di talenti straordinari. Ma sia gli spagnoli che i tedeschi non hanno avuto la forza di avviare per tempo il cambiamento, con un evidente tributo all’onore dei veterani.
È il motivo per cui adesso brillano soprattutto le luci di Croazia e Belgio. I primi evidentemente vantano uno straordinario bagaglio di esperienza: Modric, Rakitic e Mandzukic sono i punti fermi di una rosa che in Europa da anni frequenta le migliori location e sa come guardare tutti dall’alto. Sono belle storie di migranti di successo, capaci di smentire i luoghi comuni sulla scarsa affidabilità del calcio nella ex Jugoslavia. A quelle latitudini il tasso tecnico è stato sempre elevato, mancava il resto. Così la mentalità al top degli allievi di Dalic fa sognare la minuscola, ma orgogliosissima Croazia. Anche la squadra di Martinez frequenta abitualmente i maggiori campionati continentali. E non potrebbe essere altrimenti: la Jupiler Pro League è solo un trampolino di lancio. I giovani di qualità fanno presto le valigie per ovvii motivi economici. Ciò nonostante, i vivai sono sempre ricchi di belle novità, merito di un movimento efficiente. Sì, perché in una nazione ferita dalle stragi jihadiste e dalle contraddizioni della giovani generazioni, questo Belgio multietnico manda significativi messaggi di positività. Infine la sorprendente cavalcata di una Svezia, la cui compattezza dopo ogni vittoria manda in frantumi l’amor proprio di un’Italia rimpicciolita dalle energiche prestazioni dei misconosciuti eredi di Ibrahimovic. Facciamocene una ragione.