La Gazzetta dello Sport

Baby Mannion «Che orgoglio avere la scritta Italia sul petto»

●A 17 anni ha debuttato in azzurro da fenomeno: «Esperienza incredibil­e far parte di questo gruppo»

- Massimo Oriani

Se solo avessimo vinto... Il debutto in Nazionale maggiore di Niccolò Mannion contro l’Olanda domenica scorsa è stato uno spettacolo: sicurezza e faccia tosta da veterano, 10 tiri tentati in oltre 29’, top degli azzurri in entrambe le voci.

Nico, ci parli della sua esperienza in azzurro.

«E’ stata super, avere la chance di essere qui con dei profession­isti, stare insieme in campo e fuori, imparare da loro mi aiuterà tantissimo per il futuro».

Era abituato al livello di basket liceale, questo è po’ diverso.

«Assolutame­nte: Solitament­e sfido ragazzi della mia età, qui tutti sanno cosa fare, come giocare, prendersi cura del proprio corpo. La differenza più grande che ho notato è che i giocatori non sono così atletici come in America ma sono molto più furbi, per adattarti devi sapere fare delle scelte in un secondo».

Come funziona il processo di reclutamen­to collegiale negli Usa?

«Ci sono delle fasi che si chiamano “live period”, in cui gli allenatori possono venire a vederti giocare. Il 15 giugno è stato il primo giorno in cui hanno potuto telefonarm­i, prima ero io che dovevo farlo su loro invito attraverso il mio coach. Ho ricevuto 42 offerte per borse di studio, ora le ho limate a 10 (in pole c’è la University of Arizona, ndr.). Quando rientrerò a casa pianifiche­rò delle visite a quegli atenei, puoi farne sino a 5. Quindi accorcerò ulteriorme­nte la lista. Devo prendere una decisione entro 10 mesi ma vorrei chiudere per gennaio in modo da potermi concentrar­e sugli studi e sull’ultimo anno di SOPRA IN MAGLIA FABRIANO basket con il mio liceo».

Papà Pace (in Italia tra Cantù, Siena, Fabriano, Treviso, Caserta, Reggio Emilia e Roseto dall’89 al 2001) e mamma Gaia sono stati atleti profession­isti. Cosa ha preso da loro?

«Papà è stato un grande maestro di basket, ma la mentalità deriva da tutti e due: fanno sempre le cose nel modo giusto. Con tutta l’attenzione che ho ricevuto sono stati bravi a tenermi coi piedi per terra».

Cosa ricorda di papà Pace giocatore?

«Non l’ho mai visto dal vivo, una volta guardammo una sua partita contro i Lakers in tv. Sino a 13 anni è stato il mio allenatore, mi portava in palestra, mi seguiva, è sempre stato al mio fianco. Facevamo sedute video con le gare Nba, mi spiegava perché un giocatore aveva fatto una determinat­a scelta o un certo passaggio».

L’elevazione però deriva dalla mamma che è stata profession­ista nel volley.

«Scherziamo sempre con papà che sia così, per prenderlo in giro. Ma onestament­e non saprei, probabilme­nte da entrambi».

Parla sempre con papà dopo le partite?

«Quando ero più piccolo discutevam­o in auto tornando a casa, spesso si arrabbiava dicendomi che non lavoravo abbastanza duramente, così mi incavolavo pure io, non erano conversazi­oni costruttiv­e. Ora è diverso, possiamo confrontar­ci da adulti, magari lui vede cose che a me sfuggono, è utile avere un’altra prospettiv­a».

GRANDE MAESTRO DI BASKET, OGGI CI CONFRONTIA­MO DA ADULTI

C’è un giocatore che usa come modello?

«Non uno in particolar­e, se vedo qualcosa che mi piace cerco di coglierlo e farlo mio».

NICO SU PAPÀ PACE

C’è la Nba nel suo futuro?

«L’obiettivo è quello. E’ il sogno di tutti i giocatori».

E ormai anche l’azzurro.

«Aver debuttato a 17 anni è un vantaggio. Spero di continuare a crescere e dare un contributo importante a questa maglia».

Come è arrivato alla scelta dell nostra Nazionale invece di quella Usa?

«Gli Usa mi volevano per l’Under 17 quest’estate, ma l’Italia mi ha offerto la nazionale maggiore. Qui ho imparato tante cose che mi aiuteranno a raggiunger­e il traguardo che mi sono prefissato. Oltretutto mamma è italiana, io sono nato a Siena, è un grande onore poter vestire l’azzurro».

Con chi ha legato del gruppo?

«Sono in stanza con Filloy, che mi è stato molto vicino, così come Luca Vitali che mi ha insegnato molte cose, soprattutt­o su come comportarm­i fuori dal campo».

Cosa le piace di più del nostro Paese?

«L’orgoglio di essere italiani. Giocare per gli Usa è un grande onore, ma qui la gente ci tiene ancora di più. Avere la scritta Italia sul petto è qualcosa di unico. Le emozioni provate in queste due partite non hanno eguali al mondo».

Tifa Jazz visto che è cresciuto a Salt Lake City?

«Lakers. E’ stata dura da bambino... Papà lavorava per i Jazz. Io mi sedevo a bordo campo a vedere il riscaldame­nto dei giocatori, cercando di cogliere le piccole cose che facevano, come si preparavan­o».

Ha scelto i Lakers per Kobe?

«Sì, ero un grande tifoso di Bryant. Dopo una partita di playoff nella quale avevano eliminato i Jazz, andammo fuori dal loro spogliatoi­o. Avevo 10 o 11 anni. Papà mi disse che se volevo catturare la sua attenzione dovevo dirgli qualcosa in italiano. Così lo feci e lui venne, s’inginocchi­o davanti a me e mi parlò per dieci minuti. Mi chiese della scuola, della famiglia, del basket. Mi fece una grandissim­a impression­e perché non era tenuto a farlo. Mi ha insegnato che puoi anche essere il numero uno al mondo ma resti uno come gli altri. Cerco di ispirarmi al suo modello di comportame­nto. Se un bambino mi chiede un autografo o un selfie, sono sempre disponibil­e perché non sai mai che impatto puoi avere su di lui».

AVEVO 10 ANNI E KOBE MI PARLÒ PER 10’, MI COLPÌ MOLTISSIMO

NICCOLÒ SUL SUO IDOLO

La chiamano Red Mamba.

«Sì, non è che mi piaccia molto però, non lo uso mai, è una cosa nata sui social».

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 ??  ?? Niccolò Mannion, 17 anni, nato a Siena, giocherà l’ultimo anno alla Pinnacle High School di Phoenix, poi il college CIAMILLO
Niccolò Mannion, 17 anni, nato a Siena, giocherà l’ultimo anno alla Pinnacle High School di Phoenix, poi il college CIAMILLO

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