MATE, L’ERBA CHE UNISCE E FA PURE GIOCARE BENE
«Tu devi essere uruguaiano, vero? Solo un uruguaiano fa così. Pure il tuo presidente Mujica quando venne a trovarmi fece lo stesso», disse Papa Francesco a Walter Gargano, in visita al Vaticano con il Parma qualche anno fa. E poi ridendo si fece un paio di sorsi dalla tazza che il mediano gli passò in segno di amicizia. Perché il mate serve anche a quello: socializzare, scambiarselo, raccontarsi, ridere, stare insieme. Non che una nazionale che sta insieme 24 ore al giorno preparando un Mondiale ne abbia bisogno, chiaro, però la yerba più famosa del futbol fa anche altro: aiuta la concentrazione, ha più caffeina di una normale tazza di té e quindi sveglia, fa bene al cuore, lenisce il dolore, previene l’invecchiamento, ogni persona con cui parli te ne aggiunge una. Tra i sudamericani è un must e il confronto tra scuole di pensiero (dolce o amaro, da passeggio o no) è serrato, il bello è che ora lo sta scoprendo anche l’Europa: Dele Alli, Dier, Rose, Pogba, persino il coreano Son, fate caso a quanti termos e bombillas vedete in zona mista. E la cosa non deve stupire: in qualsiasi spogliatoio un sudamericano che ti passa la tazza prima o poi lo becchi - compartir è come un abbraccio cameratesco - e da lì non lo molli più. Per non rischiare l’Uruguay è arrivato in Russia con 200 chili di yerba mate al seguito, e tornare a casa senza finirlo pare brutto. In caso contrario, magari offrirà Griezmann...