Nibali e il Tour de France «Una grande avventura Froome? Poca chiarezza»
●>e nel 2014, amatissimo dai francesi, a 33 anni lancia la sfida per un bis da leggenda «Froome? Prendo atto dell’assoluzione, ma c’è poca chiarezza. Io darò spettacolo»
«Questa gara mi ha cambiato la vita: ho voglia di dare spettacolo»
Benedetti bambini. Chi come loro ha il dono prezioso della sintesi? «Emma, papà parte e va a una corsa che dura molti giorni». «Sì, lo so. Ciao». Vincenzo Nibali ha un sorriso dolcissimo quando ripensa al saluto della primogenita. «Stavolta non mi ha chiesto regali da portarle (a differenza di prima della vittoriosa Sanremo, ndr). Ma magari ci inventiamo qualcosa…». Per la settima volta nella vita il mese di luglio significa, per lo Squalo, un Tour de France da pedalare. Da (magari) rivincere. Comunque da onorare. Ieri pochi cronisti stranieri sono passati all’hotel del 33enne siciliano della Bahrain-Merida, durante Francia-Uruguay: «Se vorrei essere considerato un po’ di più? Non ci penso, sono concentrato su di me e su quello che posso fare. E poi, quando c’è Vincenzo in corsa… anche se non vinco, posso essere l’ago della bilancia. Nel 2014, quando ho vinto, all’inizio non mi calcolava quasi nessuno. Ma stavo bene». Tra i 176 al via, oltre a Froome, solo Nibali ha vinto la Grande Boucle: stavolta il via è dalla Vandea, tappa in linea di 201 km che scatta da Noirmoutier-en-l’Ile. Quattro anni dopo, in un altro luglio con i Mondiali di calcio e senza l’Italia, la missione è ripetersi. «Sta bene – dice il coach Paolo Slongo –. Il peso è quello del Tour di quattro anni fa e in pratica non eravamo più riusciti ad arrivarci alla partenza di un grande giro».
Nibali, per lei che cosa rappresenta il Tour?
«Una grande avventura che non vedevo l’ora di ricominciare. La corsa che, scoprendola, mi ha aiutato a crescere. La corsa che, vincendola, mi ha dato una dimensione mondiale che prima ancora non avevo. Non hai bisogno di niente per trovare la motivazione: ti viene da dentro».
Curiosità: della prima volta, nel 2008 (stesso anno del debutto di Froome), che cosa le è rimasto più impresso?
«L’ultima tappa. I Campi Elisi. Parigi. Era la prima volta in vita mia che li vedevo. Una meraviglia. Mi avevano sempre detto che finire il Tour era come conquistare un diploma. Io ci ero riuscito. Ero stanco e orgoglioso».
I giorni della vigilia sono stati caratterizzati dall’assoluzione di Froome per il salbutamolo. Lei come lo ha saputo?
«Ero in garage a casa e stavo aggiustando la bici. Mia moglie Rachele è scesa e me lo ha riferito. Io ho detto ‘Complimenti a Froome’. Di sicuro non era così che volevo vincere quella Vuelta (fu 2°, ndr)».
A proposito: lei alla Vuelta 2013 non si potè curare per la puntura di un insetto e alla fine arrivò al secondo posto dietro a Horner. Alla luce di quanto successo in questo caso con Froome le brucia?
«Ero all’Astana, facevamo parte dell’Mpcc, la scelta era andare a casa e curarsi o provare di continuare. Sinceramente non lo rimpiango. Prendo atto dell’assoluzione di Froome, le motivazioni non sono chiare. Penso che ora il regolamento verrà cambiato».
Chris è stato assolto, Ulissi era stato sanzionato. Che ne dice?
«Due pesi e due misure».
Il clima pesante attorno a Froome può condizionare la corsa? E in gruppo che atmosfera si respirerà?
«Forse può limitare lui. Non lo so. In gruppo… non credo che a Sky importi molto degli avversari. È il loro modo di fare. Solo loro sono così».
Che strategia dovrà attuare per salire sul podio? Ha un piano?
«La prima settimana è una specie di Tour nel Tour tra cronosquadre, insidie, pavé… Ci porterà alle Alpi e lì si scopriranno i rapporti di forza in salita. Infine, si dovranno gestire al meglio le energie residue nell’ultima parte».
Non le fa paura la cronosquadre in programma il terzo giorno? Quanto pensa di perdere da Sky?
«Non mi sbilancio, ma sono sicuro che riusciremo a fare una buona prova».
«FROOME CONTESTATO? NON È UNA COSA BUONA PER IL CICLISMO» «A OGNI MODO, QUELLO CHE SEMINI POI RACCOGLI. IO PIÙ FRESCO DEL 2017»
NAIRO QUINTANA, 28 ANNI
2° NEL 2013-2015, 3° NEL 2016 «VINCERE CON LA MENZOGNA SAREBBE UNA SCONFITTA PERSONALE»
CHRIS FROOME, 33 ANNI
4 VOLTE RE DEL TOUR «SONO AMBIZIOSO E UMILE. HO UN TEAM ALL’ALTEZZA»
ROMAIN BARDET, 27 ANNI
2° NEL 2016, 3° NEL 2017
Il panorama dei rivali come lo giudica?
«Impossibile fare una gerarchia. Ce ne sono talmente tanti che ne rischio di dimenticare qualcuno… Se ne dovessi indicare tre, direi Froome, Quintana e Bardet. Nessuno parla mai di Zakarin, per esempio, ma all’ultima Vuelta è arrivato sul podio. Bernal? Talento super, ma al Tour è da scoprire».
Sa che Marino Rosti, il mental coach del team, diversi anni fa ci disse: «Occhio a quel Nibali. Ha l’estro di un Valentino Rossi». Si ritrova in questa definizione?
«Non lo so. Non conosco Valentino di persona. Vedendo come interpreta il suo sport e come lo faccio io, forse ci può stare».
Ha voglia di correre? Di cercare di dare spettacolo?
«Certo che sì. Non faccio pronostici, sono scaramantico e in generale non mi piace. Ma ci penso sempre, alla gente che guarda e al divertimento che posso regalare con la mia bici».