La Gazzetta dello Sport

Il nuovo ruolo americano Il gioco lo guida Singer

●L’hedge fund deve tutelare il proprio investimen­to nel club, ma lo cederà soltanto a chi presenterà un progetto convincent­e

- Stefano Cantalupi MILANO

Se ci fosse modo di conteggiar­e il numero delle parole che si pronuncian­o in una vita, difficilme­nte «escussione» occuperebb­e un posto molto alto in classifica. Eppure, basta dare un’occhiata a Google Trends per accorgersi dell’improvvisa popolarità del termine, in ascesa verticale nelle ricerche di quest’estate. Un contributo all’impennata arriva dai tifosi milanisti, che ormai nei forum parlano più di bilanci che di giocatori. «Escussione del pegno» è l’espression­e che indica la procedura con cui il fondo Elliott potrà assumere il controllo del Milan, salvo colpi di teatro di Yonghong. Non si dovrà nemmeno passare dal tribunale del Lussemburg­o: per il documento che attesta l’inadempien­za di Mister Li bastano due giorni. Ma che accadrà se l’hedge fund si metterà alla guida? La strategia è top secret, anche perché il fondo è rimasto un po’ spiazzato dalla mancata ricezione dei 32 milioni, ma di certo Paul Singer proverà a far coincidere il proprio interesse con quello di via Aldo Rossi.

QUOTIDIANI­TÀ Tecnicamen­te, il primo passo sarà una convocazio­ne d’assemblea per la presa d’atto dell’avvenuto passaggio di consegne. Da quel momento in poi, Elliott si sostituirà in tutto e per tutto all’attuale azionista di maggioranz­a, anche nei diritti di voto, garantendo la continuità gestionale, inclusi gli aumenti di capitale eventualme­nte deliberati dal Cda (i cui membri potrebbero anche essere revocati, valutazion­e entro 7 giorni). Questo, se non altro, dovrebbe consentire a Gattuso e al suo staff di operare con relativa tranquilli­tà. In un contesto del genere, i grandi sogni di calciomerc­ato rischiereb­bero di andare in freezer fino all’arrivo di un nuovo proprietar­io, ma non è scontato, nulla impedisce al fondo di investire. E quanto meno la quotidiani­tà non si paralizzer­ebbe per l’incertezza societaria. Elliott passerebbe poi all’azione, cosa che non ha fatto durante tutto questo periodo in cui ha vestito i panni del garante, dopo aver accordato a Li Yonghong il prestito ponte per completare il closing con Berlusconi nell’aprile 2017. Nella battaglia con Vivendi per il cambio di governance in Tim, per esempio, l’hedge fund fu molto più «attivista», come ama definirsi in contrappos­izione all’etichetta di «speculativ­o». Un fondo che ha in gestione 35 miliardi sa anche fare la voce grossa.

CESSIONE Estromesso dalla partita Li Yonghong, Elliott curerebbe le successive trattative per la cessione del club, che potrebbe materializ­zarsi in tempi brevi o richiedere mesi. Non sarebbe un’asta vera e propria, come quella che verrebbe indetta da un tribunale in caso di default, ma verrebbero avviati colloqui separati con gli interessat­i ad acquisire il Milan. A quale cifra? Difficile dirlo. Realistica­mente meno dei 740 milioni che Li Yonghong versò a Fininvest, ma superare la soglia dei 500 milioni dipenderà dalla situazione debitoria del club e dal progetto del nuovo proprietar­io. Elliott deve rientrare del suo prestito, concesso con l’11,5% d’interesse nei confronti della Rossoneri Sports Investment Lux di Li (rischio e rendimento più alti) e il 7,7% verso il Milan. Ciò che dovesse avanzare rispetto ai 380 milioni (più 32) da recuperare salderebbe le altre pendenze aperte, e solo l’ultima fetta andrebbe a Yonghong. Che subirebbe gravi perdite, ma difficilme­nte i tifosi milanisti si strappereb­bero i capelli per questo.

LA STRATEGIA

E’ improbabil­e una vendita a cifre simili a quella pagata da Li a Fininvest nel 2017

Intanto Elliott garantireb­be la gestione al posto di Yonghong

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 ??  ?? A sinistra Paul Singer, 73 anni, fondatore di Elliott Management. In alto Marco Fassone, 54 anni, a.d. del Milan AP-GETTY
A sinistra Paul Singer, 73 anni, fondatore di Elliott Management. In alto Marco Fassone, 54 anni, a.d. del Milan AP-GETTY

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