Il nuovo ruolo americano Il gioco lo guida Singer
●L’hedge fund deve tutelare il proprio investimento nel club, ma lo cederà soltanto a chi presenterà un progetto convincente
Se ci fosse modo di conteggiare il numero delle parole che si pronunciano in una vita, difficilmente «escussione» occuperebbe un posto molto alto in classifica. Eppure, basta dare un’occhiata a Google Trends per accorgersi dell’improvvisa popolarità del termine, in ascesa verticale nelle ricerche di quest’estate. Un contributo all’impennata arriva dai tifosi milanisti, che ormai nei forum parlano più di bilanci che di giocatori. «Escussione del pegno» è l’espressione che indica la procedura con cui il fondo Elliott potrà assumere il controllo del Milan, salvo colpi di teatro di Yonghong. Non si dovrà nemmeno passare dal tribunale del Lussemburgo: per il documento che attesta l’inadempienza di Mister Li bastano due giorni. Ma che accadrà se l’hedge fund si metterà alla guida? La strategia è top secret, anche perché il fondo è rimasto un po’ spiazzato dalla mancata ricezione dei 32 milioni, ma di certo Paul Singer proverà a far coincidere il proprio interesse con quello di via Aldo Rossi.
QUOTIDIANITÀ Tecnicamente, il primo passo sarà una convocazione d’assemblea per la presa d’atto dell’avvenuto passaggio di consegne. Da quel momento in poi, Elliott si sostituirà in tutto e per tutto all’attuale azionista di maggioranza, anche nei diritti di voto, garantendo la continuità gestionale, inclusi gli aumenti di capitale eventualmente deliberati dal Cda (i cui membri potrebbero anche essere revocati, valutazione entro 7 giorni). Questo, se non altro, dovrebbe consentire a Gattuso e al suo staff di operare con relativa tranquillità. In un contesto del genere, i grandi sogni di calciomercato rischierebbero di andare in freezer fino all’arrivo di un nuovo proprietario, ma non è scontato, nulla impedisce al fondo di investire. E quanto meno la quotidianità non si paralizzerebbe per l’incertezza societaria. Elliott passerebbe poi all’azione, cosa che non ha fatto durante tutto questo periodo in cui ha vestito i panni del garante, dopo aver accordato a Li Yonghong il prestito ponte per completare il closing con Berlusconi nell’aprile 2017. Nella battaglia con Vivendi per il cambio di governance in Tim, per esempio, l’hedge fund fu molto più «attivista», come ama definirsi in contrapposizione all’etichetta di «speculativo». Un fondo che ha in gestione 35 miliardi sa anche fare la voce grossa.
CESSIONE Estromesso dalla partita Li Yonghong, Elliott curerebbe le successive trattative per la cessione del club, che potrebbe materializzarsi in tempi brevi o richiedere mesi. Non sarebbe un’asta vera e propria, come quella che verrebbe indetta da un tribunale in caso di default, ma verrebbero avviati colloqui separati con gli interessati ad acquisire il Milan. A quale cifra? Difficile dirlo. Realisticamente meno dei 740 milioni che Li Yonghong versò a Fininvest, ma superare la soglia dei 500 milioni dipenderà dalla situazione debitoria del club e dal progetto del nuovo proprietario. Elliott deve rientrare del suo prestito, concesso con l’11,5% d’interesse nei confronti della Rossoneri Sports Investment Lux di Li (rischio e rendimento più alti) e il 7,7% verso il Milan. Ciò che dovesse avanzare rispetto ai 380 milioni (più 32) da recuperare salderebbe le altre pendenze aperte, e solo l’ultima fetta andrebbe a Yonghong. Che subirebbe gravi perdite, ma difficilmente i tifosi milanisti si strapperebbero i capelli per questo.
LA STRATEGIA
E’ improbabile una vendita a cifre simili a quella pagata da Li a Fininvest nel 2017
Intanto Elliott garantirebbe la gestione al posto di Yonghong