La Gazzetta dello Sport

RIVOLUZION­E RUSSA E BIRILLO NEYMAR

Brasile eliminato, il Mondiale è solo Europa

- IL COMMENTO di ALESSANDRO DE CALÒ twitter: @AdeCal

Cade anche il Brasile, viene giù col birillo Neymar, la rivoluzion­e russa non guarda in faccia nessuno. Ormai il Mondiale è un Europeo senza i giganti di sempre, che hanno fatto la storia della Rimet e di questa Coppa. Seleçao, Germania e Italia, dopo aver conquistat­o tredici edizioni su venti, adesso in un modo o nell’altro sono a casa. I brasiliani non vengono spazzati via ingloriosa­mente. Contro il Belgio se la giocano, partono male, finiscono al tappeto, ma restano vivi fino all’ultimo. Certo, la sorpresa è forte perché sembrava che questa Canarinha potesse arrivare in fondo, almeno fino alla semifinale con la Francia di Mbappé, che ieri ha calato il sipario sull’Uruguay del maestro Tabarez. Ormai il Mondiale è solo Europa, come nel 1982 e nel 2006, ma senza Italia. È un trionfo del contropied­e, invece: dei muri che si chiudono, delle ripartenze verticali, dei piccoli errori che decidono tutto, dei portieri che si impaperano. Tenere palla, conquistar­e il possesso, farla girare con pazienza, non paga più, non tanto. La Canarinha di Tite, finora, aveva ben mixato la solidità difensiva – concedendo 4 tiri in porta in 4 match – con la generosità degli attacchi palla a terra, tendenti per brevi tratti alla gioia del futebol-arte.

Neymar si era ritagliato una parte dominante della scena e tutto lasciava intendere che fossimo all’inizio di un decollo: il Mondiale come trampolino, per consacrare l’erede dei Messi e Cristiano Ronaldo che il presidente del Real Madrid, Florentino Perez, medita di portare al Bernabeu come nuovo galattico. Vedremo, adesso, come finirà. Il Belgio ha fatto saltare questa sceneggiat­ura con un match che ha ricordato l’Italia dell’82 contro Zico e compagni. Marcature più o meno a uomo, gabbie raddoppiat­e dal gigantesco Fellaini. E poi: fatica a costruire il gioco dal basso, ma costanti pericoli tutte le volte che i belgi volavano oltre il confine del centrocamp­o. Era il match della vita per Hazard, De Bruyne, Lukaku e gli altri diavoli rossi. Fantastici, hanno superato l’esame. Martedì, contro la Francia, ce ne sarà un altro. Super, perché i Bleus continuano a crescere. Era dal 1986 che il Belgio non arrivava in semifinale. Quella volta era andato a sbattere contro l’Argentina di Diego Maradona. Tutto torna, nella rivoluzion­e russa, e ci si accorge che non basta avere un fenomeno, tipo Messi, CR7 o Ney per andare avanti. Nessuno vince da solo e neanche l’ex Pibe, con la sua Mano de Dios, sarebbe riuscito a vincere se ci fosse stata la Var. Mbappé insegue i tre marziani: ieri è rimasto in pause ma, a 19 anni, ha grandi margini di migliorame­nto e un’autostrada davanti. Naturalmen­te non è lui la Francia, Deschamps ha costruito una squadra solida, con molti talenti, nessuno dominante. Però Mbappé è quello che può cambiare una partita col suo passo supersonic­o, e per questo piace al Real e rientra tra le opzioni che si fanno per sostituire il Ronaldo dato in partenza. In ogni caso il futuro parla francese, mentre finisce un’epoca per l’Uruguay e la generazion­e d’oro dei Suarez, Cavani, Godin, Muslera: nel 2022 avranno 35 anni e più, troppi per vederli assieme al Mondiale. Oggi sapremo i nomi delle altre due semifinali­ste: croati e inglesi sono favoriti, ma non è detto che ce la facciano a scavalcare Russia e Svezia. Ogni turno nasconde una matrioska con qualche sorpresa. E comunque vada, quella che vedremo a Mosca sarà una finale inedita. Speriamo che sappia vestirsi con un buon calcio.

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