Uruguay, lacrime e voglia di Tabarez
●Le star della Celeste non mollano, e neanche il Maestro. Suarez: «Contratto scaduto? Conta troppo per noi»
Succede più o meno nello stesso momento, anche se i due eventi non sono correlati. Siamo nei minuti finali del match, l’Uruguay è già virtualmente sulla scaletta dell’aereo che lo riporterà a Montevideo. Dalla curva dello stadio di Nizhny Novogorod parte forte un coro, e una sciarpata Celeste. In ogni altro settore i gruppetti di uruguaiani si alzano, cantando il loro amore, nonostante tutto. In campo, intanto, José Maria Gimenez ha fatto un fallo al limite: si mette in barriera, e inizia a piangere. Si gioca ancora, 2’ più 5’ di recupero, ma le lacrime del ragazzone dell’Atletico non possono aspettare.
CHIUDE MUSLERA Avevano ragione tutti: chi sugli spalti viveva la sconfitta come una parentesi in una storia più grande, e degna di essere celebrata. E il difensore in campo, che vedeva volare via un sogno, forse l’ultima occasione mondiale. Non per lui, 23 anni, ma per una generazione mitica sì. La frittata era stata cucinata da Varane e Lloris, ma l’ultimo tocco l’aveva dato Muslera, con quell’errore clamoroso sul tiro di Griezmann: «Chiedo scusa, so i sacrifici che hanno fatto quelli che sono venuti qua per sostenerci. Mi è toccato commettere un errore così, nel mio ruolo quando li fai si notano. Devo andare avanti, mi sostiene solo l’appoggio di tutti, dei compagni, della famiglia, persino di portieri di altri paesi».
FINE CORSA Nessuno se la prende con lui, quando esce dallo stadio è quasi una corsa a stringergli la mano, fra i giornalisti al seguito della Celeste. Potere di un gruppo che ha accumulato parecchi crediti in passato. Il trionfo Mondiale è stato più vicino nel 2010 (semifinali), per molti resterà un sogno. Suarez e Cavani hanno 31 anni, come Caceres. Godin e Muslera ne hanno 32. Aggiungetene quattro, e avrete un gruppo di fenomeni che rischia di essere a fine corsa, o almeno in netta parabola discendente, in Qatar. Ma non è finita, la generazione, almeno a sentire Tabarez: «Se n’è andato un sogno, ma ne nasceranno molti altri». Non c’è solo la consapevolezza di aver seminato bene, anche in questo Mondiale (centrocampo di quasi debuttanti), ma anche lo sguardo già fisso sul prossimo obiettivo, la Copa America della prossima estate. Il contratto di Tabarez è ufficialmente scaduto ieri, con l’eliminazione dal Mondiale, ma la sua traiettoria, lunga ormai dodici anni, potrebbe non essere finita. «Tutti sanno quello che conta il Maestro per noi. La federazione faccia i suoi conti, guardi i risultati, e poi tragga le conseguenze», ha detto Suarez. «Le sconfitte gli danno solo più voglia e rabbia per ripartire», ha aggiunto Muslera. Lui, Tabarez, non ha voluto parlarne: «È una decisione intima, che non può essere presa qui, ora». Asciugati le lacrime, Gimenez, ascolta il tuo capitano Godin: «Siamo stati dei leoni, abbiamo fatto un Mondiale strepitoso». Ascolta la curva, che monopolizza lo stadio. Non è davvero finita. Continuerà.