La Gazzetta dello Sport

MARTIN SCALA IL «MURO» NIBALI STACCA FROOME

●A - 101 km la squadra si fa trovare troppo indietro. Poi, sull’Alpe d’Huez bretone, Enzo guadagna 28” su Bardet e 1’10” su Dumoulin. La sua bici? Dorme in camera...

- Ciro Scognamigl­io

Distrarsi non è mai una buona idea al Tour de France. Vale per chi pedala e per chi guarda. All’atteso finale della sesta tappa, sul Mur de Bretagne, mancano poco più di cento chilometri quando la Quick-Step – maestra in situazioni del genere – apre un ventaglio. Quintana, Fuglsang, Zakarin, Daniel Martin e Nibali restano dietro, Roglic ancora di più: un brivido per lo Squalo, poi la brezza cambia direzione e la situazione si ricompone, anche se con lui erano rimasti solo Colbrelli e Haussler. Ma la giornata volgerà al bello: sull’Alpe d’Huez della Bretagna (2 km al 6,9%), invasa da un pubblico straripant­e, sarà Daniel Martin a piazzare l’azione vincente a 1,2 km dalla linea bianca, con Van Avermaet ancora leader. Ma, soprattutt­o, Vincenzo resta nel primo gruppo – 14° - mentre in diversi pagano dazio rispetto a lui. Froome: 5”. Uran: 8”. Bardet: 28”. Dumoulin: 1’10” (50”, più 20” di penalizzaz­ione). Al bus, lo Squalo è disponibil­e a una analisi approfondi­ta. Ma prima, una curiosità: a differenza delle altre, la sua bici alla sera va a… dormire nella camera che dividono il suo massaggiat­ore Michele Pallini e il meccanico Andrea Nieri. Motivi scaramanti­ci e di sicurezza.

Nibali, che finale è stato?

«Uno strappo fatto a velocità folle. Il primo passaggio più tranquillo, ma il secondo è stato preso a tutta dall’inizio fino in cima (“Sapevamo che si sarebbe dovuto fare tra la vita e la morte”, aveva detto a caldo alla Rai, ndr). Dietro, non so cosa fosse successo. Ero sempre tra le prime 7-10 posizioni. A un certo punto, 300 metri circa dalla fine, mi ha affiancato pure Peter Sagan e ho pensato “Va bene, ok”».

In che senso?

Franca risata. «C’è Peter (ottavo, ndr) a fare la volata… mi è venuto quasi da ridere, quando lo vedi che va così forte… Chapeau».

Lei meditava una azione?

«L’ha fatta forte Daniel Martin, poi qualche altro attacco, ma la velocità è stata sempre sostenuta. C’era vento in faccia, non era facile uscire da dietro. Io sono rimasto sulle ruote».

Un passo indietro. Quando c’è stato il ventaglio, com’è andata?

«E’ successo all’improvviso. Abbiamo girato una curva, io sono rimasto un po’ schiacciat­o all’interno e non ho trovato subito spazio per passare. Davanti c’è stato un buco, siamo rimasti attardati dietro di circa 100 metri, abbiamo inseguito qualche chilometro ma siamo riusciti a chiudere con tranquilli­tà. Niente di rilevante».

Ha guadagnato su molti rivali, come valuta la giornata?

«Come la valuto… uno strappo così non è facile da gestire. Io ero ben mentalizza­to, la condizione è ottima. Ho visto Froome all’inizio che si era lasciato sfilare, ma è una cosa che è nelle sue corde. Fa spesso così, lasciare andare un po’ e poi recupera in una seconda fase. Quanto agli altri, non saprei bene ma l’arrivo è stato molto difficile. C’è veramente tanto stress. A casa non sembra, ma corriamo tutti appiccicat­i. Fianco a fianco. La possibilit­à di una caduta è sempre dietro l’angolo. Tutti voglio stare davanti perché qui anche una sin-

gola vittoria vale tantissimo. Nessuno tocca mai i freni».

Rispetto al Mur de Bretagne di tre anni fa, quando perse 10”, è stata un’altra storia, non trova?

«Mah… il 2015 per me è stata una stagione molto molto difficile. Pure quel Tour lo fu. L’unica gioia di quell’anno è stato il Lombardia (in Francia comunque vinse una tappa di montagna e chiuse 4°, ndr). Soffrivo, ero sempre nervoso, non trovavo il feeling, la giusta condizione. Però ci sta un anno così».

Adesso due tappe in cui stare attenti prima della ‘mini-Roubaix’ di domenica in cui cercherà di guadagnare terreno?

«Ho sempre detto che questi primi giorni, nonostante l’assenza di salite lunghe, sarebbero stati molto complicati. Oggi (ieri, ndr) in un momento forse abbiamo abbassato un po’ la guardia in quel ventaglio. Questo dimostra che bisogna essere sempre davanti, anche quando mancano più di cento chilometri all’arrivo. E non lasciare niente al caso».

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La tappa ieri è partita da Brest. E proprio dalla città bretone scattò il 5 luglio 2008 il primo Tour di Nibali BETTINI
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