La Gazzetta dello Sport

Calhanoglu atto secondo Sulle orme dei giganti

●Da Pirlo a Boban, da Savicevic all’idolo Ronaldinho: quante stelle del Milan hanno migliorato il rendimento dopo la prima stagione

- Stefano Cantalupi MILANO

Se fosse un giocatore Nba, o meglio ancora di college basketball, sarebbe un sophomore. Un «secondo anno». Hakan Calhanoglu ha chiuso la sua prima stagione rossonera in crescendo ed è ripartito col piede giusto: il gol segnato in partitella il giorno del raduno conta solo per il morale, ma in questi travagliat­i tempi milanisti ogni iniezione di ottimismo è ben accetta. Rino Gattuso punta forte su di lui: ha lavorato sul ragazzo di Mannheim (turco d’origine e di nazionale) per cucirgli addosso la posizione di esterno sinistro d’attacco del 4-3-3, ma s’è soffermato soprattutt­o sull’aspetto psicologic­o, per resettare la mente di un talento andato in confusione per i tanti cambi tattici della gestione Montella. Terminato il noviziato del campionato da rookie, ora da Hakan ci si attende il salto di qualità, il decollo.

GLI ANTENATI I precedenti fanno ben sperare, andando a ritroso nella storia del Milan. Scomodare sua maestà Van Basten renderebbe il paragone improprio: il «Cigno» conquistò il Pallone d’oro nel 1989, ma l’annata precedente (la prima in rossonero) fu condiziona­ta da un lungo infortunio. E poi l’olandese era un attaccante puro, meglio restringer­e il cerchio a uomini più assimilabi­li a Calhanoglu per ruolo in campo o per repertorio tecnico. Boban può stare in questo discorso, anche per via di quel 10 sulle spalle, numero che per «Calha» ha un’attrazione fatale fin dai tempi in cui deliziava il pubblico della Bundesliga. Zvonimir ebbe un impatto normale sul Milan, poi cambiò marcia nella stagione 1993-94 e fu tra i protagonis­ti dell’accoppiata Serie A-Champions League. Secondo anno col Diavolo da incornicia­re anche per Savicevic, nonostante nel primo avesse segnato di più: la finale di Champions ‘94, con la rete memorabile al Barcellona in finale, resta l’istantanea più scintillan­te della carriera del «Genio». Altri nomi da inserire nella categoria most improved, sempre per dirla all’americana? Andrea Pirlo. Il suo rendimento migliorò clamorosam­ente nella seconda edizione milanista: l’albero di Natale con Gattuso e Seedorf a fargli compagnia in mediana, il proposito «ancelottia­no» di schierarlo da regista davanti alla difesa, un crescendo rossiniano fino all’ennesimo trionfo del Milan in Europa, a Old Trafford, nel derby italiano con la Juve. E poi c’è lui, Dinho. L’idolo di Calhanoglu, il 10 dei 10. Ronaldinho arrivò già in parabola discendent­e, ma la seconda versione fu migliore della prima, anche in termini realizzati­vi.

DECISIVO Confronti troppo pesanti da sostenere? Probabilme­nte sì, non è con i mostri sacri transitati da San Siro che Hakan si deve confrontar­e. Lui, però, è uno di quei giocatori con la tendenza ad avere i riflettori puntati addosso. Perché è uno che fa succedere le cose in campo, che tende a lasciare un’impronta: il dna del trequartis­ta è quello di creare occasioni per i compagni, e in questa speciale classifica non teme confronti in Serie A, lo dicono le cifre relative allo scorso campionato. Con l’aggiunta di un tiro fulminante sempre pronto a colpire, da fermo o in corsa. Gattuso provvederà a evitare pause e cali di tensione: «Calha» è l’unico elemento con doti tecniche superiori su cui è certo di poter contare, visti gli ammiratori – e la clausola – di Suso. E anche se lo sponsor ha scritto male il suo cognome alla presentazi­one della maglia (tutti in rodaggio, mettiamola così), si può guardare con fiducia all’anno da sophomore. Un nazionale turco come lui, Mehmet Okur, vinse il titolo Nba a Detroit nel 2004. Era il suo secondo anno ai Pistons.

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LAPRESSE Hakan Calhanoglu, 24 anni, gioca nella nazionale turca

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