La Gazzetta dello Sport

Dalic, beato signor nessuno «Orgoglioso, non mollo mai»

●Voluto da Suker alla vigilia del match clou con l’Ucraina, è nato in Bosnia e s’è formato in Arabia

- Alessandra Bocci

INVIATA A SAN PIETROBURG­O

L’8 ottobre 2017, serata buia e tempestosa, Zlatko Dalic si presentò nella sala stampa dello stadio Olimpico di Kiev a un pubblico scettico. Era stato chiamato a guidare la nazionale croata il giorno prima e di lui non si sapeva granché. Carriera mediocre da giocatore, ex vice della Under 21, un buon palmares arabo da allenatore di club, ma che sarà mai. Il presidente federale Davor Suker lo aveva scelto il giorno prima con un comunicato breve come un dispaccio in tempo di guerra: «Dalic è il nuovo allenatore della nazionale croata e sarà in carica nell’ultima gara contro l’Ucraina». Praticamen­te un tecnico a tempo determinat­o, uno sul quale nessuno avrebbe scommesso. Poco più di ventiquatt­ro ore dopo, l’ex Pallone d’oro Andriy Shevchenko rimuginava sulla sconfitta dell’Ucraina (2-0) fino all’alba, con il fido vice Tassotti che lo consolava. «Hanno più qualità, più esperienza. Abbiamo fatto il possibile». Il c.t. Sheva non si dava pace, la sua avventura da allenatore al Mondiale non poteva nemmeno cominciare.

CARNEADE Cominciava quella del signor Nessuno Dalic, l’uomo invisibile, che anagrafica­mente appartenev­a alla generazion­e di fenomeni che nel 1998 crollò davanti alla Francia, però non aveva mai messo piede in nazionale. Il classico Carneade, ma in fondo Carneade era un bel personaggi­o e Dalic pure. Ora da c.t. si gioca una finale contro la Francia e, comunque vada, ha già raggiunto il top perché: a) quella Croazia talentuosa del 1998 in finale non è arrivata; b) ha insegnato ai suoi purosangue incostanti e vaghi che bisogna saper lottare, soprattutt­o resistere. «Siamo una nazionale orgogliosa che non molla mai e ha carattere», ha detto dopo aver battuto l’Inghilterr­a. Orgoglioso è lui, che è riuscito ad avanzare in mezzo a difficoltà grandi e piccole e ora aspetta di compiere l’impresa.

METODO E PERSONALIT­À Dalic ha idee chiare e spirito forte: arrivata al Mondiale attraverso i playoff contro la Grecia, conquistat­i a Kiev, la sua squadra ha saputo resistere alla pressione dei calci di rigore, al confronto con i padroni di casa, allo svantaggio da gestire con l’Inghilterr­a. Dalic in principio ha mandato a casa il milanista Nikola Kalinic, aggiungend­o un tocco di caos a quello che già la squadra stava passando per i guai giudiziari di Mamic, ex padrone del calcio croato. Ora quei giorni a Roshino sembrano lontani, ma davvero il cammino della Croazia non avrebbe potuto avere inizio peggiore. Però c’era Dalic al timone, nato in Bosnia, a Livno, maggioranz­a croata. Un uomo religiosis­simo, che ha sempre con sé un rosario consacrato a Medjugorie e si fa il segno della croce dopo ogni partita. Un uomo dallo sguardo profondo uscito dall’ombra all’improvviso dopo essere cresciuto lontano dall’élite. È passato dall’Hajduk, ha dato e avuto di più dal Varteks Varadzin, a soli 80 chilometri da Zagabria, eppure un altro mondo: una carriera in periferia nel pieno splendore della generazion­e 1998. Per questo quando Suker lo ha scelto molti hanno storto il naso, ma Zlatko è uno sgobbone, uno che studia e che ha saputo aspettare la sua ora. Il tempo è arrivato nello stadio di Kiev pieno di bandiere gialle e blu. Con i croati nella bufera, pareva la sera ideale per gli ucraini per fare il sorpasso e conquistar­e un ticket per lo spareggio mondiale, però Dalic è uno che ha imparato a resistere prima di andare all’attacco. E lo ha insegnato ai suoi, che nelle bufere ormai sguazzano felici.

 ??  ?? Zlatko Dalic, 51 anni, c.t. croato dallo scorso ottobre (GETTY)
Zlatko Dalic, 51 anni, c.t. croato dallo scorso ottobre (GETTY)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy