La Gazzetta dello Sport

Donato: «Io e Howe non molliamo, fari su Tokyo»

●Il triplista-tecnico e il ritorno di Andrew col 20”47 sui 200: «Come atleta è rinato. Io sogno il record della sesta Olimpiade»

- Simone Battaggia

Sembra un paradosso. Due saltatori lavorano insieme, convinti di potersi aiutare anche se uno fa il lungo e l’altro il triplo. Poi però uno dei due si riscopre sprinter, con tempi che gli mancavano da sette anni, e comunque dà il merito all’altro. Questa è la storia di Andrew Howe e a Fabrizio Donato. Domenica, dopo i 200 di Rieti in 20”47 — minimo per gli Europei — l’aviere ha riempito di elogi Fabrizio. «Mi ha convinto di poter andare ancora forte», ha spiegato il reatino, oggi 33enne.

ANNO CHIAVE Come ha fatto, Donato? «Quest’inverno Howe era partito benino — racconta il 41enne finanziere —, ma poi era tornato il fastidio al piede di stacco che lo tormenta. Così mi sono chiesto: cosa posso fare per lui? Per continuare a fare gli atleti i nostri gruppi sportivi chiedono prestazion­i. Se mancano si apre un nuovo percorso di vita e da questo punto di vista il 2018 per Andrew è un anno importante. Ho pensato che i 200 potessero essere una buona soluzione, questo è anno di Europei e la distanza è abbordabil­e. Così ho fatto un piano verso Tokyo 2020. Lui era scettico, voleva continuare a saltare, ma poi ha capito. Io non sono tuttologo, così ho chiesto una mano a Roberto Bonomi, cui ho affidato la parte tecnica della velocità».

FURBIZIA All’inizio Howe ha faticato, dopotutto dal 2011 in poi ha frequentat­o poco i 200. «Le ampiezze, le frequenze, la capacità di recupero ci confortava­no. Prima sono arrivati i 20”73 e 20”74 di Savona, poi il 20”68 di Modena, ora il 20”47. A Rieti non ha corso bene i primi 60 metri, ma nel finale è andato forte ed era decontratt­o. Se sistema la prima parte, può scendere ancora». Fino al personale, che è ancora il 20”28 dell’oro iridato juniores a Grosseto 2004? «Quello è il sogno nel cassetto. Vedere un proprio atleta migliorars­i a 33 anni è il massimo. E poi io a 40 non ci sono andato così distante (17.32 a Pierre Benite, ma vanta un 17.73 nel 2011, ndr»). Ma è vero che in allenament­o mister Donato non dice i tempi all’allievo Howe? «Serve anche furbizia — si schermisce Fabrizio —. Serve la giusta via per non esaltarlo e allo stesso tempo dargli fiducia».

INSIEME A TOKYO Su quale sia l’orizzonte del ritorno ai 200 di Howe, Donato non si esprime. «La scelta sarà sua. Lui ama saltare, ma ora sa che può anche correre. E poi c’è la 4x100: vorrei vedere lui, Tortu e Jacobs insieme». Il bello è che la rinascita di Howe sta stuzzicand­o anche il Donato triplista. «Sogno la sesta Olimpiade nell’atletica, nessuno in Italia l’ha mai fatta. All’inizio scherzavo, ora ci credo. Ho gareggiato a Madrid, come Andrew ritornerò a Berlino. Mi preservo, curo tecnica e alimentazi­one. Sì, mi sto divertendo».

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Fabrizio Donato, 41, e Andrew Howe 33; lavorano insieme dal 2016

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