Milan, cessioni e acquisti mirati Il piano di Elliott
●Più complicata la realizzazione di uno stadio di proprietà: i tempi potrebbero dilatarsi troppo
Risalire un fiume controcorrente, con uno scafo che imbarca acqua e senza poter comprare un motore più potente. Non è delle più semplici, la sfida che il fondo Elliott ha deciso di intraprendere per risollevare il Milan. Le onde alte sono il contesto di partenza: l’eredità di Li Yonghong ha lasciato incertezza societaria e anche sportiva, vista l’esclusione dall’Europa League decisa dalla Uefa. L’acqua che entra in barca è il passivo degli ultimi bilanci, una falla da tappare al più presto per navigare in sicurezza. Il motore (o i rematori) off-limits sono i giocatori da prendere per rinforzare la rosa: le regole del Fair play finanziario non limitano la possibilità di fare acquisti, ma inducono a un mercato oculato, senza spese faraoniche e con inevitabili cessioni. La filosofia dell’hedge fund di Paul Singer dovrà essere opposta a quella del Milan cinese: vietato inseguire il risultato sul campo prescindendo dai bilanci, vietato prevedere ricavi da obiettivi sportivi non ancora raggiunti.
VALORE Qualunque sia l’azienda in cui ci si proponga di «creare valore» (parole di Elliott nel comunicato post-escussione del pegno), i due grandi pilastri su cui basarsi sono sempre gli stessi: costi e ricavi. Sono le leve su cui agirà la famiglia Singer, che ha sottolineato subito la volontà di restare alla guida del club per un tempo utile a risanarlo. Nessuna fretta di passare la mano a un nuovo proprietario, bensì l’intenzione di unire al lato speculativo dell’affare (è nella natura di un fondo che sposta miliardi) una sana gestione. Ma qual è la base di partenza? Quanto vale oggi il Milan? Premessa: Elliott non divulga cifre in modo semplicistico, le variabili che intervengono nel calcolo sono molte. Ma per avere un ordine di grandezza,
550 milioni è un numero realistico. Che torna, sia che ci si arrivi sommando al prestito di Elliott il debito pregresso, sia che si parta dal fatturato per ottenere il valore complessivo e da lì si sottragga l’esposizione nei confronti del club. Le offerte di Commisso e Ricketts, peraltro, confermano che siamo lontani dai 740 milioni (debiti compresi) versati da Li a Fininvest nel 2017.
COSTI Costi, dicevamo. Per arrivare in un paio d’anni a scollinare quota 600, occorre anzitutto tagliare. Non tanto con efficienze sulle spese di gestione, quanto con interventi sul monte ingaggi. Quello del Milan rientra già nei parametri Uefa (è inferiore al 60% dei ricavi stagionali), ma ogni risparmio aiuta. Lo sa bene il d.s. Mirabelli, che già da tempo opera in questo senso, nonostante ora la sua posizione sia molto in bilico. Ieri, se non altro, ha incassato l’appoggio della Curva Sud, in una nota dei tifosi durissima nei confronti di un possibile ritorno di Leonardo.
RICAVI Va da sé, però, che la parte più difficile del lavoro riguardi l’aumento del fatturato. Il grosso arriva sempre dai diritti tv: lì l’unica cosa che si può fare per ingrandire la propria fetta di torta è giocare le coppe europee. Poi c’è da far fruttare la valorizzazione del marchio: da quanto filtra, Elliott è intenzionato a spingere molto sul lato marketing. Il brand sarà promosso il più possibile usando tutti i canali, anche social, come i rossoneri hanno già iniziato a fare. Strettamente connesso al marchio, che attira generose sponsorizzazioni, c’è il merchandising. E qui purtroppo arrivano
IL MERCATO
Ci saranno cessioni e le esigenze di bilancio influiranno sugli acquisti
Intanto i tifosi si schierano col d.s. Mirabelli: il suo posto resta in bilico
le note dolenti. Sì, perché i proventi delle squadre italiane su questo fronte sono di gran lunga più bassi rispetto, per esempio, ai team di Premier League. Non è solo un discorso promozionale o d’immagine: uno studio recente dell’Unione Europea quantifica in 500 milioni l’anno le mancate entrate dell’industria legittima a causa dei prodotti contraffatti. La Guardia di Finanza ha accentuato il sequestro di magliette, scarpe, gadget e accessori collegati al mondo del calcio, ma nel Paese dei tarocchi ha vita dura. Infine, il discorso stadio. Ogni americano sa bene quanto sia fondamentale averne uno di proprietà, basta vedere con quanta foga si stia battendo Pallotta a Roma su questo tema. Ma i tempi di realizzazione, burocratici e politici prima che tecnici, rendono improbabile che il fondo Elliott s’imbarchi in un’impresa del genere. Saranno luci a San Siro ancora per un po’, dunque. Ma Vecchioni non c’entra, lui quella canzone l’aveva scritta per l’ippodromo.