Mbappé-Modric al gran galà
Bleus a caccia del bis, gli slavi della prima grande impresa, l’astro nascente contro il genio che vuole diventare re. L’ultimo atto di Russia 2018 passa da un faccia a faccia intrigante: due stelle, una brillerà
C.T. AGLI OPPOSTI Non potevano chiedere l’impossibile a Dalic che ha preferito gestire il gruppo, anche se non anonimamente. È intervenuto anche nella tattica: un solo centrocampista davanti alla difesa (con la fortuna di ritrovarsi il nuovo Brozovic spallettiano), gli esterni d’attacco (Rebic e Perisic, anche lui molto «italiano») accentrati quasi in un 4-32-1 per creare superiorità. Non sono dettagli. «Ha preso in mano la squadra in un momento difficile e ci ha trasmesso la fiducia in noi stessi. Merito suo la finale», ha detto ieri Modric. Il Mondiale invece lo chiedevano a Deschamps, accusato di avere un gruppo di talenti enorme ma di essere «ossessionato solo dal risultato» (parola di Cantona e non solo). DD è andato avanti per la sua strada, s’è liberato dei Rabiot e di chi non era funzionale alla causa, e ha alleggerito, partita dopo partita, l’ombra inevitabile di Zidane. Tutti con lui ora. Di più: ha convinto le primedonne, Pogba e Griezmann, a lavorare per la squadra, Giroud a fare il Graziani dell’82, Varane a prendersi responsabilità che nel Real toccano a chi è stato in Vietnam prima di lui.
SCENARI TATTICI Per quanto possa essere tattica una finale, e l’ultima finita al 90’ risale al 2002, si può immaginare uno scenario probabile. La Francia non ha motivo di aggredire. S’è chiusa contro l’Argentina squinternata e l’ha torturata in contropiede. S’è messa dietro con il Belgio e ha vinto perché più concreta. Ha gestito la superiorità contro un Uruguay senza Cavani. Dagli ottavi, ha superato squadre più forti di quelle dei croati, è stata utilitarista, insuperabile in difesa se si escludono i 3 gol (di una gara però fuori dagli schemi) con l’Argentina, lanciando le fughe di Mbappé, mentre Griezmann fa ormai il regista offensivo. Sa attendere meno la Croazia, tesse questa manovra di possesso perché Modric ce l’ha nel Dna: senza la sua creatività alla Pirlo sarebbero guai. È meno tattica e meno blindata, ma più «cattiva», in difesa. Però in attacco ha quel misto di imprevedibilità (Perisic, ieri però a riposo), potenza generosa (Mandzukic) e sorpresa (Rebic) che fa paura. Fossimo in Dalic allargheremmo un po’ gli esterni, perché meglio vedersela con Pavard e Hernandez che con questo Varane.
SI DECIDE IN MEZZO Come spessissimo in Russia, senza difensori e centravanti indimenticabili, è a centrocampo che salteranno gli equilibri. Kanté dovrà probabilmente sdoppiarsi tra una punta e Modric inseguito pure da Matuidi. Dall’altra parte la sfida per la profondità sarà Pogba-Rakitic e sarebbe bello rivedere l’ex juve meno imborghesito, in quelle discese da «10» scomparse (per consegne?) dal suo repertorio. Brozovic sfiderà Griezmann. L’attacco francese è sbilanciato a destra, quindi sarà la coppia Strinic-Vida la più sollecitata, ma sull’altro fronte non sarà uno scherzo per Varane contrastare questo Perisic, lasciando SuperMario alla lotta con Umtiti.
LA STORIA SONO LORO Non si possono mettere in classifica le motivazioni, anche se per la Croazia l’appuntamento è con la Storia, il primo Mondiale per un paese piccolo, nato in maniera traumatica, da sempre fucina di fuoriclasse «sudamericani», se è vero che la Jugoslavia era il Brasile d’Europa: la globalizzazione, e l’Italia, le hanno dato regolarità. La Francia, terza finale in vent’anni, può aprire un ciclo che i rivali, sulla trentina, in un modo o nell’altro oggi chiuderanno. Il passato dice Bleus, ma i più esperti saranno i croati. Il loro simbolo è Modric, il manifesto più realistico della Francia è Kantè. Genio contro regolarità. È sulla capacità di Deschamps di essere più geniale, o di Dalic di dare più regolarità, che si gioca il Mondiale.