La Gazzetta dello Sport

GUERRIERI DEL RING PER TUTTI I GUSTI

Il successo di Bellator a Roma

- di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

Il fenomeno delle Arti Marziali Miste, che piaccia o no, sta ormai conquistan­do il mondo. Anche i puristi della boxe tradiziona­le, chi come noi ha guardato in passato con scetticism­o alla crescita esponenzia­le di combattime­nti con regole meno codificate, ha dovuto prendere atto che i giovani, come in tante altre cose, sul ring guardano più al nuovo che all’antico. Una volta c’era il Marchese di Queensberr­y che a metà 800 aveva posto le basi di uno sport che sembrava rivoluzion­ario come il pugilato, oggi ci sono Oktagon e Bellator. Soprattutt­o c’è la galassia delle organizzaz­ioni che si dividono la gestione di tutto quello che va dalla Mma, le Mixed Martial Arts, alla kickboxing.

Citazione non casuale perché sono queste le discipline che formano il carrozzone di Bellator, secondo circuito mondiale per importanza, sbarcato ieri notte nella Capitale per una serata che da molti punti di vista ha segnato una svolta nella storia dei combattime­nti extraboxe. Innanzitut­to per lo scenario perché, dopo aver toccato piazze storiche come Torino e Firenze, l’organizzaz­ione statuniten­se che fa capo a Scott Coker ha messo le tende nel tempio del tennis romano, sul centrale del Foro Italico che ha visto in campo miti della racchetta come Panatta e Borg. L’approdo più naturale per il circuito Bellator che deriva il suo nome da una parola latina che significa «guerriero» ed è ispirato alla cultura latina al punto che i numeri riportati per ogni evento sono graficamen­te basati sul sistema di numerazion­e romano. Ma quel che più conta è che il pubblico romano, come ormai capita sempre per questo tipo di manifestaz­ioni, ha risposto alla grande mandando praticamen­te esauriti i 10.000 biglietti a disposizio­ne. Più o meno quello che accade per il tradiziona­le Oktagon milanese, partner italiano di Bellator, che assomma otto diverse discipline di combattime­nto ma anche per le tappe italiane di Wrestling-mania che è un fenomeno di totale importazio­ne americana.

Come è evidente il comune denominato­re di questi combattime­nti: la ricerca dello spettacolo e qui potremmo discutere a lungo. Se la boxe tradiziona­le può ritenersi il luogo dove la tecnica raggiunge il suo apice, creando di per sè un limite al libero show, proprio il wresting è il regno dello spettacolo puro in cui i protagonis­ti devono adeguarsi a un copione in cui non si mai è capito bene fino a che punto vincitori e vinti devono rispettare ruoli precostitu­iti. Ecco, proprio in mezzo ci sono le Martial Arts che nel tempo hanno realizzato il giusto mix fra tecnica, regole e spettacolo: può fare impression­e vedere un pugile al tappeto, ormai sconfitto, crivellato dai colpi del vincente sopra di lui ma in generale è proprio la crudezza di queste sfide senza esclusioni di colpi ad attirare il pubblico. E bisogna riconoscer­e che per colpire con braccia e gambe in quel modo i combattent­i devono svolgere in palestra una preparazio­ne da sportivi veri, superiore a tanti altri sport. Senza dimenticar­e che i testimonia­l di Bellator svolgono una importante propaganda contro i disturbi alimentari giovanili. A dividersi fra le due discipline in programma (kickboxing e MMA) ieri sono stati anche i due idoli della serata, Giorgio Petrosyan e Alessio Sakara, due personaggi popolari del ring che basta nominare in qualsiasi palestra per sollevare moti di entusiasmo. Non per niente Bellator, oltre a essere trasmesso in 160 Paesi del mondo, ieri è andato in onda sulle reti di Spike tv italiana, l’emittente di «punta» dello spettacolo per il pubblico giovane.

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